venerdì 23 marzo 2012

capralità e pericolo della

Certe persone fanno una paura bestiale per come sono capre. E' inimmaginabile la capralità di certe persone, se non le vedi all'opera. Abbarbicate al terrore che tutto il mondo,tranne loro, sia contro di loro.
Fanno pensare un po' alle bandiere, perché è come se ci stessero schierate sotto e non guardassero dove mettono i piedi e dove sono dirette, per quello sono pericolose.
Soprattutto se per caso, magari senza volerlo o saperlo, entri a far parte del mondo di cui non fanno parte loro. 
Può essere molto pericoloso.

mercoledì 21 marzo 2012

presto per dirlo

La lettera stava sul tavolo, Teresa aveva paura di aprirla perché era di sua nonna, le cose che arrivavano da sua nonna erano sempre un pericolo, anche se sua nonna era sempre stata buona con lei. Era una lettera che sua nonna le aveva inviato quanlche giorno prima di morire. La decisione, Teresa ne era certa, di farla recapitare post mortem non era stata casuale. Questo significava che prima di compiere il suo gesto estremo, la nonna, si era premurata di inviarle una lettera. Questo genere di pianificazioni non erano per niente estranee al carattere di sua nonna, anzi, ci stava perfettamente – pensò Teresa.
La nonna di Teresa, nel modo di morire, pensò Teresa, poteva ricordare Socrate, ossia uno che muore facendo sentire gli altri più relativi di lui, uno che mentre muore può dare l'impressione che siano gli altri a morire, piuttosto, e lui il solo a restare vivo.

martedì 20 marzo 2012

puntino

oggi ho avuto così paura di scrivere che ho lavato le  piastrelle del bagno con l'anti calcare. poi avevo male a un dente e questo era vero, non era una scusa. 
A. oggi, mentre spalmava la marmellata sul panino, ha detto che se ci consideriamo sotto la prospettiva della galassia non siamo niente. così, a causa di questa visione, mi ero  incastrata ancora di più in un puntino e non mi riusciva più di recuperare misura.
a volte, se non comincio la mattina, mi ci vogliono molti giri attorno alle cose per tornare nella posizione giusta.

lunedì 19 marzo 2012

epo

epo


assiepo
crepo 
impepo

non si sa

Niente magico
niente inverosimile 
la mia scrittura è refrattaria alle flessioni
non sudate 

Tutti qui devono conquistare la propria svolta
a mano.

Non si sa perché.

lunedì 12 marzo 2012

purezza e genere umano

Però c'è qualcosa, in questa smania di purezza, che non mi convince. Lo ammetto, anch'io ho la Brita, e anch'io, ho, per un certo periodo, filtrato l'acqua, prima di berla e anche prima di fare il caffè (adesso mi dimentico e, quando mi ricordo, mi ricordo anche che lo stesso filtro è lì da mesi e mi fa un po' schifo). Da qualche tempo vanno più di moda certi rubinettini che filtrano l'acqua direttamente dal tubo. non so come funzionino, né se il principio sia o meno lo stesso della Brita o più efficace. Si tratta di sistemi per avere a casa, un'acqua diversa, migliore, più sana, più pura, di quella degli altri. Non trovo simpatico questo sottrarsi al destino collettivo, questo arraffarsi un privilegio di una purezza esclusiva, non condivisa. Insomma, è potabile o no quest'acqua del rubinetto? se lo è, perché tanta smania di ionizzarsela, smetallizzarsela, alcalinizzarsela; se non lo è, perché non lo è? Comunque non voglio farne un dramma,in fondo è anche giusto che se uno vuole l'acqua più pura se la filtri, non c'è niente di male a filtrarsi l'acqua, figuriamoci. Però bisognerebbe stare attenti a questo tipo di fisse intorna al tema della purezza, della purificazione eccetera, perché ho la sensazione, così a pelle, che non siano generose dal punto di vista dell'umanità, che non siano cristiane. Ecco.

corwdfounding (simpatici familiari e sbarazzini)

adesso va di moda far ridere. qualunque cosa vogliamo, dobbiamo comunque anche fare un po' ridere. ci servono dei soldi per poter portare a termine un progetto, dobbiamo far ridere, abbiamo bisogno di essere convincenti, ci ascoltano solo se facciamo anche un po' ridere. il problema è che, mentre prima ci divertivamo, adesso non ci divertiamo più. far ridere per forza è una delle cose più tristi che si possano immaginare. tu dici: al limite mi metto un cetriolo nel culo. io dico, al limite sì, al limite. 
una volta quasi tutti i giorni avevamo delle idee che ci facevano ridere, adesso appena un'idea sfiora la risata ci viene quasi da vomitare.

convenienza

Stamattina groupon propone tre lezioni di equitazione, dieci sedute di pressoterapia o dieci sedute di doccia solare o anche otto ore di un corso di fotografia all'aperto a ventotto euro invece di centottanta.
ieri invece c'erano unidrocolon terapia, due giri di pista da pilota su una monoposto di formula tre con giri di ricognizione e champagne e una grigliata mista argentina con contorno cabrera con patate e vino per sentirsi come maradona borges e che guevara.
Ieri ho notato che, alla Coop, lo yogurt magro Vipiteno per la colazione di Ti, costa cinque centesimi in meno che al Famila, così ne ho comprati due, per la convenienza. Ne avrei presi di più ma l'accaparramento, non so, mi pare che porti sfortuna.

domenica 11 marzo 2012

la seconda parte della vita di Manni


Quel mattino Manni si svegliò e vide con molta più chiarez- za del solito che il volto delle cose era sempre lo stesso. nonostante si fosse addormentato spingendo con forza inusitata verso una nuova realtà, remando con tutti i muscoli del cervello perché le cose, al mattino, si fossero spostate anche solo di un misero grado rispetto alla loro posizione, a nulla era valso quel suo sforzo.
Perciò restò nel suo letto a congetturare ancora un po'.
Scelse così di dormire altre due ore, puntò la sveglia e la rimise sul comodino.
Il sogno di Manni non fu un sogno rivelatore, le immagini di mescolavano a casaccio come gli accadeva sempre quando sognava, ma, al contrario del solito, l'architettura del luogo era bel delineata. In questo sogno Manni potè godere di un lungo corridoio vuoto.
Poiché non aveva mai potuto godere di un corridoio vuoto, Manni ne fu contento.
Finchè dal corridoio non fece capolino sua madre. La madre di Manni aveva in mano un tegame col quale lo voleva picchiare. Era un tegame sporco di uova strapazzate. Manni si nascose sotto al letto sul quale dormiva perché la madre non lo vedesse, ma la madre lo trovò subito (era un sogno, ma non il sogno di un altro, era sempre il sogno di Manni), e lo tirò fuori da là sotto. Poi gli disse, con voce metallica: Manni, adesso basta, facciamola finita, lo prese e lo sculacciò con quel tegame. Poi sparì.
Manni non sentiva molto dolore ma pianse ugualmente per quell'ingiustizia, per quella punizione corporale senza una ragione. Gridò, si fece venire grosse le vene del collo, colare il naso e schizzare le lacrime dagli occhi come in un fumetto del carrierino dei piccoli. Più la faccia sua faccia era contorta, più lui la contorceva ancora di più, per rendere ancora più patetica quella scena di disperata protesta. Dopo alcuni minuti, circa due, anche se nei paraggi non c'era nessuno, Manni, piangeva ancora. Poi tirò su col naso, si pulì con la manica e restò (forse a pensare), seduto a terra. Fortunatamente gli vennero in soccorso alcune macchioline del pavimento. Le macchiline erano come dei piccoli vermicelli colorati di gialllo pallido e marrone, e si muovevano piano, se Manni le guardava con attenzione. Le macchioline parlarono a Manni e gli dissero in coro: Manni, è venuto il momento che noi ti riveliamo chi sei. Tu non sei quello che pensano tutti. Infatti è da molto tempo che noi cerchiamo di informarti, ma senza nessun successo. Questo perché non ci hai mai osservato con la dovuta attenzione e non ci hai mai dato ascolto. Adesso però, che ci puoi finalmente vedere con gli occhi giusti, possiamo dirti quello che da tempo dovevamo comunicarti: Caro Manni, tu sei un essere molto speciale, hai una grande missione da compiere e noi vogliamo aiutarti. Non possiamo dirti molto di più, perché non ci è permesso. Però ricordati, quando ti sveglierai, di ciò che ti abbiamo rivelato, anche se ti sembreremo le solite macchioline del pavimento. Ora sai come stanno le cose. Tua madre, abbiamo visto cosa ti ha fatto, l'abbiamo sistemata per le feste. Era ora che qualcuno si occupasse di lei, l'abbiamo fatto noi per te, Manni, c'era bisogno di farlo, altrimenti tutto si sarebbe fermato. Non preoccuparti per lei, non le è successo niente di brutto, l'abbiamo solo portata al secondo piano, un po' più sopra. Non devi preoccuparti perché lei ha potuto portare con sé il suo tegame, la macchina per fare il caffè e la televisione.
Va tutto a gonfie vele, Manni. Poi le macchioline fecero una breve danza di festeggiamento, Manni le osservò scivolare le une sulle altre, fare piccoli balzelli, ordinarsi, tutte quelle rosse da una parte, tutte quelle marroni dall'altra e poi rimescolarsi tutte in ordine sparso. Che bello, pensò Manni.
Quando si svegliò, Manni osservò che come prima, nulla era cambiato. Ma quando uscì dalla sua cameretta, vide che sua madre non c'era più. Si toccò il sedere con la mano, il sedere era in perfetto stato, di colore normale e dimensioni normali, non sembrava indolenzito per la padellata. Era un sogno, si disse Manni tranquillo, e andò in cucina. In cucina non trovò sua madre e neanche in tutte le altre stanze della casa, che erano solo due.
Così cominciò la seconda parte della vita di Manni.

Manni non riesce mai a cambiare la sua realtà, perché è evidentemente debole, ha una mente priva di volontà. E' nato per perdere. E' l'emblema dell'arrendevolezza , infatti, egli trova per lo più rifugio nel sonno. La prima parte della vita di Manni, definito a più riprese dagli storici, come l'era del sonno di Manni, è estremamente ripetitiva. Manni non compie alcuna prodezza, tendenzialmente si aggira all'interno del proprio appartamento, un appartamento di piccole dimensioni, che ospita, oltre a Manni, la Madre di Manni. Una donna che svolge mansioni casalinghe quali pulire con l'aspiravolvere e cucinare enormi quantità di uova strapazzate con le quali ingozza Manni, spesso irragionevolmente manesca, dopo aver nutrito a forza il figlio, lo picchia con il padellone, senza evidente motivo.
Manni trova spesso rifugio sotto il letto. Per questa ragione, non avendo molte altre esperienze di vita, quando dorme, sogna questo rifugio angusto e buio, nel quale rintanarsi.
La maggior parte dei sogni di Manni sono ambientati sotto il letto di Manni.
La dinamica non è molto sviluppata, in questa prima parte, perché, aldilà di brevi tentativi di fuga del protagonista, non vi è alcuna altra azione degna di nota. Manni, per tutto il corso della sua prima parte di vita, mangia, fugge e sogna di mangiare o fuggire. Talune volte entrambe le cose secondo lo schema ab ab ab.
Questa grande ripetitività, serve per addestrare il soggetto alla sottomissione.

mercoledì 7 marzo 2012

l'elettrauto

gus dice che gli si è fermata la macchina un'altra volta. perché non partiva. Allora Gus mi ha raccontato che hanno chiamato l'elettrauto e che poi l'elettrauto siccome non sapeva cosa fare ha fatto quello che avrebbe fatto al suo posto un qualunque ladro, staccare i fili e fare contatto, per far partire l'auto. però l'elettrauto, al contrario del qulunque ladro, non sapeva poi bene come si incrociano i fili nel modo giusto. Così la macchina ha fatto cortocircuto e ha preso fuoco. Allora l'elettrauto è sceso dalla macchina gridando che lo sapeva. che non avrebbe mai dovuto accettare di lavorare su un'auto che non era neanche una fiat. Allora Gus mi ha detto che ha cercato di calmarlo, di dirgli che non c'era problema, che non si preoccupasse se la macchina fumasa che erano cose che capitano. Perché Gus non è di quelli che se la prendono con un elettrauto solo perché è un elettrauto e per ragioni della vita non ha potuto studiare, dato che Gus, anche lui ne ha passate nella vita e sa cosa significa lavorare quando con la metà della metà del tempo ti porti a casa il doppio dei soldi solo perché tuo padre conosce qualcuno in regione e ti ha fatto prendere la laurea a Messima. Per quello poi Gus e Lia, hanno chiamato il carroattrezzi, piano piano, per far arrabbiare l'elettrauto. Per non fargli pensare che non era stato capace.

basterebbe trovare il punto, ma non si è mai trovato

Prima non era così chiaro, poi
con l'andar del tempo
tutte quelle entrate e uscite di scena
tutte quelle occasioni mancate
per mancanza di ingegno
si è chiarito
come una nuvola si sposta per lasciare luogo.

su e giù per le tue scale
come del cibo cinese o le pizze al trancio.

Pensavo che qualcosa ti fosse mancata,
un cane o un gatto.
In tivù davano certe infelicità ritmiche e gommose
specie di caramelle rosa pallido
 noi non ci ameremo mai da un'altra parte
non sapendo dove
non sapendo in quale
altra parte


insieme abbiamo fatto anche questo
era da tempo che non facevamo gli esseri umani.
il tempo, non pare anche a te?
dura pochissimo.

richiamo o tensione verso una perfezione:
basterebbe trovare il punto,
ma  non si è mai trovato.

da altre parti meno nostre

quando penso al caffè come veniva su
al piano di sotto
quando scendevi prima
che è già un ricordo che comincia
a salire e svanisce.
come se il caffè diventasse l'esempio
di tutte le cose prima di andarsene
spinte via, da altre parti meno nostre.
Perché non siamo la stessa persona
se mi mordo una mano
tu non provi dolore
mentre stiamo in piedi in un bar
senza essere stati ancora a Parigi
al tempo che credevo si potesse fare
e sempre, rifare.

alto, che non si sa



Forse per quell'altezza che a notte mi prende
di non saper mettere la morte al suo aggettivo
il fatto che cercassi come un fiocco
da brava scolara che si deve salutare
inchinarsi,
dire buongiorno comunque
a quel che fa paura
per educazione
o perché è da grandi
perché i grandi fanno così


penso a quelle bambine con le punte
quando gliele lasciavano mettere
perché facevano così male
in certi casi,
ci voleva qualcosa di più,
non essere più bambine,
perché facevano male
ma erano da ballerine,
e andarci su era un passo in più
che dopo non c'era niente
che facesse male e fosse bello
in quello stesso modo
alto


e per me la morte è alla fine
una cosa da grandi
che non si sa.




altre volte lui diceva la verità
in questi casi io abbassavo sempre la testa
e mi dicevo la fortuna
mi ripetevo la fortuna
di quando non ero stata in così buone mani
e non lo sapevo
e mi ripetevo anche tutti i pericoli
come la gomma scoppiata in autostrada
per vedere se mi faceva qualcosa,
un qualche effetto,
per vedere se mi commuovevo,
invece
mentre lui diceva la verità
io stavo a guardare, per un fatto estetico
come se non fosse una cosa mia
la vita della quale parlava
che condannava o salvava.


non sono venuto al mondo, per salvarlo

Entra - dice, entrate.
poi non molto altro.
Il mondo e le cose viste
da uno che non ha voglia
sono come laccate
lucide di una bellezza 
lasciata sola, non invocata.
Le sue mani non prendono
carezzano l'aria,
non la perturbano.
Non sono venuto al mondo
per salvarlo, non sono stato
chiamato. Mi sono posato qui
quand'ero stanco,
la terra mi ha lasciato fare
ho serrato le ali, ho dormito
mi sono svegliato qui
e qui sono rimasto.
avevo troppe cose tra i piedi
per andarmene.
Ho guardato esseri piccoli
frugare nella sabbia
Ho guardato scendere l'acqua
mi sono ricordato dell'acqua
e mi è venuto da piangere
e da fare pipì.
Ho guardato il sole salire
mi sono ricordato del sole
mi è venuto da strizzare gli occhi
e cantare.
Ho guardato chi mi passava vicino
ho visto un lupo cacciare un cervo
ho visto un cervo mangiare un filo d'erba
Tutto qua? - ho chiesto -
Tutto qua - mi hanno risposto-
è la natura, vedi tu.
Allora poi ho avuto paura,
ma la paura ha avuto freddo e se n'è andata,
Ho avuto sonno, ma al sonno non piace star fermo
ho avuto un amico del cielo alto
teneva le ali ferme era tutto d'un pezzo
ma non guardava mai in basso,
se non per fame.
Sto qui per non perdermi.
Non amo nessuno, non ho le istruzioni,
per molte cose non ho le istruzioni.


 

una svolta

Quella notte se la prenda l'oscurità, non si annoveri fra i giorni dell'anno, non entrinel computo dei mesi, sì, quella notte sia sterile.



La vita ha sempre delle svolte, quando uno meno se le aspetta. 
La svolta, in sé, fu facile, niente di straordinario. Accadde un giorno, come sempre, le cose, accadono nei giorni. Mai fuori. Non c'è mai una svolta che accada fuori da un'ora di un giorno- pensò Amanda- mai che una svolta avvenga altrove, in un luogo dove noi non ci siamo e non ci possa raggiungere. Arrivò in anticipo, precisamente ad un semaforo. Amanda e D. avevano fretta, ma rispettarono il semaforo, allora la svolta arrivò a quel semaforo. Né Amanda né D avevano pensato bene, con attenzione, all'ipotesi realistica di passare col rosso. Se l'avessero fatto forse nulla sarebbe accaduto nello stesso modo. Questo era stato il pensiero fisso di Amanda, per molto tempo. Ma la svolta li prese in pieno a quel semaforo.E' difficile dire quando una cosa comincia ad esistere, perché spesso, l'esistenza è solo un fatto di dimensioni, di visibilità. Le persone camminano, vanno in su e in giù per la strada. Molte di loro hanno un cancro, ma non tutte lo sanno. E' una questione di tempo e di visibilità.


Vivo senza pace,senza quiete, senza riposo. Mi è piombato addosso, il castigo.

Così quel giorno per Amanda fu diverso dagli altri perché al semaforo vide un'amica che attraversava la strada, la salutò e le disse: Siamo di corsa e ci vediamo dopo.
Si videro, in effetti, dopo. 
La svolta di Amanda,arrivò, così, in un giorno qualunque. A un semaforo.
La svolta la mise di fronte al fatto compiuto che le svolte esistono veramente.


A seguito di ciò D. disse ad Amanda che non c'era niente di cui preoccuparsi. Perché D., al contrario di Amanda, non amava le tragedie.



martedì 6 marzo 2012

pannocchie

D diceva sempre le stesse cose, quando non avevano più argomenti, diceva: Vedrai, facciamo quattro passi? E poi quei passi si moltiplicavano e si arrivava sempre a un pelo dall' arrivare fin lassù. Anche se lassù, al paese più bello, non ci erano mai arrivati. Non era il caso di fare tanta salita inutile quando le cose si erano appianate da sole lungo il tragitto, non ce n'era più bisogno. Arrivare fino al paese più bello, significava, in definitiva, toccarlo. Anche se, forse, in altre circostanze, avrebbero potuto farlo, arrivare fin là, senza provare per questo un senso di dispiacere, come se qualcosa di irraggiungibile e sognato, fosse per sempre perduto e non esistesse più, almeno per loro, non fosse più alla loro portata. Quel paese l'avevano sempre guardato da lontano, era un paesino stupido, confrontato ad altri, niente di speciale. Ma da lontano sembrava irraggiungibile, e questa era la sua qualità. Sembrava non ci fossero strade, tranne quella carreggiabile per raggiungerlo.Si erano a lungo chiesti se ci fosse una strada per arrivarci a piedi. Avevano cercato e alla fine l'avevano trovata. Probabilmente. Quel probabilmente, era diventato il limite a cui tendere, li aveva sempre salvati dalla necessità di cercare un'altra meta per i loro quattro passi. Alcune volte, arrivarci, era stata questione di un chilometro appena. Ma avevano sempre saputo fermarsi, tornare indietro lungo la già percorsa strada, per ripercorrerne le tappe. Ripercorrerla ra parte della cura, evidentemente. Nè A,anda né D., avevano mai preso in considerazione l'idea di arrivare davvero da qualche parte, perché per loro, la ricerca di ciò che consideravano importante, consisteva piuttosto in quel percorso mai appagato.
Ad ogni sosta D si accendeva una sigaretta e diceva qualcosa di significativo, che li riguardava direttamente, a proposito del luogo: Qui, è dove l'altra volta ci siamo fermati a guardare il campo di granoturco. C'era il grano turco qui. E Amanda rispondeva: Sì. Anche se adesso c'è solo tutta questa terra arata,è vero: qui c'era il grano, e qui- indicando un punto preciso- qualche mese fa, abbiamo rubato tre pannocchie da cuocere che mi sono messa sotta la maglietta per paura che i contadini ci sparassero.
Poi quelle pannocchie le avevano cotte, ma non mangiate, perché anche dopo la cottura, erimaste troppo dure.
Una volta D, lungo la strada di ritorno, parlò di una donna che aveva amato, che Amanda non aveva mai sentito nominare. C'era il fango per terra, per via della neva che andava sciogliendosi, e Amanda guardava le scarpe affondare, lasciare orme profonde e restare in parte attaccata alle sue scarpe.

II

lunedì 5 marzo 2012

orizzonte degli eventi.

nei buchi neri c'è qualcosa che mi attrae. perché nessuno può sapere cosa c'è. infatti se uno arriva sull'orizzonte degli eventi si deve per forza fermare poco prima, perché dopo non c'è tempo. cioè, anche se lo si vuole,ci si può avvicinare, ma tutto diventa talemente lento, che anche se ci si avvicina non ci si vede. in teoria ci potrebbe anche andare, dentro il buco nero, ma in pratica, no.
perché il buco nero è molto ben difeso. è molto tranquillo. non si lascia disturbare facilmente.
se uno volesse, per ipotesi, andare dentro un buco nero, dovrebbe farlo a sua insaputa. senza che il buco nero se ne accorgesse. ma è molto difficile che un buco nero non si accorga. i buchi neri sono molto guardinghi,sono buchi.
se uno per sbaglio si trovasse nei pressi di un buco nero, si sentirebbe subito le gambe stanche e non avrebbe voglia di far niente. si sentirebbe come assonnato o intorpidito, perché la vicinanza di un buco nero stanca. non si sa perché.
ma il buco nero, lui, non è mai stanco. fa un lavoro instancabile, che sarebbe quello di addensarsi sempre e sempre e sempre di più, e diventare sempre più denso fino a non poterne più di densità.come una maionese molto sbattuta.
una densità che anche le parole non sanno come chiamare, da tanto che è densa anche di parole e di pensieri. come se tutti i pensieri si mettessero dentro una parola sola e volessero starci dentro tutti. non si può. infatti per fortuna, per i pensieri, ci sono molte parole.

venerdì 2 marzo 2012

la mia famiglia, considerazioni .

Nella mia famiglia non ci sono praticamente casi di sanità mentale. Per una ragione o per l'altra siamo tutti malati di mente. Alcuni hanno delle fisse, altri ne hanno altre; ci distinguiamo per una certa varietà. Tranne mia madre e mia nonna che entrambe sono fissate con gli animali. Anche se, a ben vedere, mia nonna, dopo un primo periodo cinofilo, si è fissata sui gatti, mentre mia madre ha sempre preferito cani e pecore.
L amalattia mentale nella mia famiglia si manifesta in diversi modi, ma alla base ha una solida sfiducia dell'umanità, nel genere umano e anche negli esseri umani singoli, presi uno per uno.
quindi non si può dire che nella mia famiglia si abbia una visione rosea delle cose. anche se, in effetti, la visione non è neanche così nefasta, perché, attraverso la pazzia, ci si riesce ad adattare meglio.

giovedì 1 marzo 2012

iosco e la grande pozzanghera

questo è iosco che dorme con la testa appoggiata alla gamba del tavolo di cucina, mentre io e d al piano alto facevamo le nostre chiacchiere di femmine.
probabilmente non era interessato per nulla alle nostre considerazioni sulla vita, che, pure, noi trovavamo così interessanti.

iosco, quel giorno lì,alle nostre conversazioni, preferiva di gran lunga sognarsi la Grande Pozzanghera.