giovedì 26 aprile 2012

questa è LA TRISTE STORIA DELLA GALLINA E DEL PULCINO FILOSOFO



che la gallina aveva questo pulcino piccolo e gli dava sempre i vermi da mangiare
e il pulcino mangiava e guardava il mondo. diventava un pulcino grasso e fannullone.
poi la gallina andava in giro a cercare vermi, e il pulcino non faceva niente, e si sentiva molto filosofo. allora il pulcino e la gallina erano rimasti d'accordo che siccome il pulcino era filosofo la gallina era la mamma del filosofo e doveva andarne fiera. e portargli i vermi.
poi il pulcino divenne un gallo.
ma ormai le cose stavano così, che la gallina si era abituata a cercare i vermi per tutti e due, e non le pesava, anzi.
poi il gallo, mentre guardava il mondo e filosofava, vide che c'erano dei galli e delle galline che cercavano vermi e li osservò con attenzione. poi filosofò: che vita infame dev'essere, quella di starsene tutto il giorno a cercare vermi con il becco rivolto verso il basso. che tristezza la vostra vita - disse.
allora uno di quelli che cercava i vermi gli rispose - hai proprio ragione, e continuò a cercare vermi e varia roba, per terra.
poi non successe niente per parecchio tempo.
le cose non cambiarono.
la gallina andava e veniva e portava vermi al pulcino  filosofo, che ormai era un gallo, anche piuttosto in là con gli anni.
poi un giorno la gallina, mentre era in cerca di vermi, incontrò una volpe, che le disse - ciao bella gallinella vecchia, che fai?
- niente. vado in cerca di vermi per me e per mio figlio il filosofo.
- ah, disse la volpe, hai un figlio!
-sì, disse la gallina, è un filosofo.
-ah, rispose la volpe, che bello. dev'essere una grande soddisfazione avere un figlio filosofo.
- abbastanza, rispose la gallina, molto inorgoglita.
- e dove risiedete? chiese la volpe
- giù di là, dietro quella collina, vicino al fiume. viviamo sotto il pero.
- bella zona, disse la volpe.
poi la volpe si mangiò la gallina.

il filosofo aspettò un paio di giorni, filosofò, filosofò filosofò. poi, non essendoci vermi in arrivo, cominciò a sentire forti i morsi della fame. e fu lì che si rese conto che in tutta la vita non aveva mai cercato un verme. ci pensò su un po'.

  
però non molto a lungo, perché la volpe se lo mangiò.

domenica 22 aprile 2012

nice to meet you

Ho il cuore che rallenta.
come se volesse parcheggiarsi in garage.
Se proprio devo morire spero
con i capelli sciolti
sul pavimento
come al solito.


Vicino al termosifone
facevo l'esempio
stavo in piedi nuda il più immobile possibile
ma dentro ero molto più libera di respirare
pensavo tutto in posa
pensavo tutto quello che volevo
perché quello era l'inizio
pensavo.

Non siamo interessati agli eccessi.
Taking a shower every day is a normal part of life.

La cosa bella dell'essere umano
Nice to meet you
è che non può spartire la fine con nessuno
nice to meet you
diceva sempre un mio amico al telefono
ti faccio rridere
diceva sempre così al telefono
ti faccio rridere
chi se l'aspettava
e dopo non diceva niente di particolare.
A good trip.


Cercavo di capire cos'era.
Era per prepararmi.

Volevo fare tre cose stamattina, sai,
tre cose non sono tante,
le avrei messe in fila.




mercoledì 18 aprile 2012

le cose così non perturbate

E' stato dopo
che si è convenuto che gli orologi
non fossero più costretti a battere all'unisono
il giorno della rivoluzione

e si riportarono i sassi alla spiaggia
perché non c'era per loro un posto migliore.

Più nessuna casa definitiva
più nessun mobile con vetrina.

Le cose così non perturbate.

Vendesti la moto poco tempo dopo
avere rispedito me al mittente
in una scatola di plastica e pluriball.


sabato 14 aprile 2012

Lucia

Quando la nonna veniva a bere il tè
abitavamo al quarto piano
significava che si tiravano fuori le tazze marroni col bordo giallo
e che di sicuro lei portava su per le scale
un bel pacchetto rosa di pasticcini con lo zucchero a velo di Gastaldo.
Una volta ha portato al quarto piano anche in una scatola
gigante, una bambola che dalla scatola si chiamava
Manuela. Che piangeva. Come un cicciobello però più grande
e muoveva la testa in modo tondo.
Questa cosa mia nonna non me la doveva fare
questo regalo gigante.
Mai più qualcuno ha portato al quarto piano roba del genere
capace di simili detonazioni.
Mia nonna, che era in realtà mia bisnonna,
era piccola di statura, sarda
tossiva sempre un po'
e quando andavano al mare d'estate con il nonno
ci portavano sempre una catenina o un pendaglino d'oro
o d'argento. Quasi sempre d'argento ora che ci penso.
e lei diceva sempre: non perderlo, non fartelo rubare.
pensava che gli altri fossero pericolosi
che mi potessero fare del male e rubare le cose,
ma solo le cose preziose come quelle d'argento o d'oro.
Lei, mia nonna, una volta, dato che mia madre non ci comprava mai niente
da vestire, perché era giovane e se ne sbatteva
o anche perché era senza soldi, o perché non aveva tempo
per quelle cose di bassa importanza,
una volta mi ha portato in un negozio grande
con tantissimi vestiti appesi, e mi ha fatto provare un paltò
o paletò, come lo chiamava, beige. A me piaceva perché aveva il pelo dentro
non avevo mai avuto cose con il pelo
perché mia madre non le comprava. Non so perché.
Invece mia nonna quella volta me l'ha regalato
e poi siamo andate in negozio da mia nonna, quella non bis
a farle vedere come ero diventata elegante
e tutt'e due hanno detto di farlo vedere alla mamma.
Poi quando sono andata a casa, l'ho fatto vedere alla mamma
e lei ha detto: bello. Gentile, nonna Lucia.
Mia nonna Lucia era sposata con mio nonno Guido,
che tutt'e due in verità erano bisnonni, ma io, forse per brevità
o perché non ci ero abituata, li chiamavo solo nonni
come gli altri.
Mio nonno Guido era un comunista molto serio
e credeva in certe cose che mia mamma sapeva
ma io no. E neanche mio fratello.
Ce l'aveva molto su coi preti, perché diceva che erano dei porci
e coi democristiani perché diceva che erano dei ladri
e ce l'aveva anche coi comunisti di adesso,
di quel momento lì, perché non erano come quelli di prima.
Però mio nonno non era uno che faceva male a nessuno.
Faceva il tranviere. Quando me lo ricordo io faceva il bigliettaio.
Quando salivamo sul tram c'era lo scalino e si saliva su
e poi si chiudeva con una piccola porta
e quello era il posto del bigliettaio.
E tutti lo conoscevano e lo salutavano
che lui era Guido, che si sapeva.
E lui anche se era in pensione e di lavoro stava seduto nel negozio dei nonni
quando saliva sul tram era rispettato.
Però in casa faceva sempre silenzio
e non parlava e trattava mia nonna duramente
come un uomo molto poco dolce. Anche se non la insultava
né con le parole né con i fatti,
faceva molto silenzio, anche dopo aver mangiato
si alzava.
Non diceva mai cose gentili, non le portava mai regali o caramelle
o altro.
Le cose belle mia nonna se le comprava da sola.
Quando andavamo al mercato di via Madama, c'erano delle collane
di cristallo come quelle delle favole
che brillavano ed erano magiche
perché dentro si vedevano i colori della luce
erano molto preziose
e qualche volta me le comprava, una. Ma non sempre.

Quando è morto mio nonno Guido, si è scoperto
molto tempo dopo
che aveva un amore profondissimo
con la sorella di mia nonna
perciò non si era potuto dire, per non offendere nessuno.
Ma mia nonna era morta senza saperlo.
Non so se lo sapesse. Forse lo sapeva, chissà
a forza di stare sempre insieme notte e giorno
forse anche senza dirle certe cose si possono sapere.
Ma se le cose non si dicono, passano più leggere,
forse.
Comunque, questo amore di mio nonno
con la sorella di mia nonna,
aveva anche una figlia
che è stata sempre cresciuta dicendole
tu sei orfana e non hai un papà.
Però mio nonno andava sempre a prenderla
a portarla a scuola
e la coccolava e le parlava
come uno zio.
Si poteva.
Quindi alla fine anche lei ha avuto il suo amore,
solo che al posto del papà aveva uno zio
e al posto di uno zio
aveva un papà.
Senza saperlo.
Poi, molto tempo dopo si è saputo anche quello.
Le cose si sanno quando a nessuno gliene frega più niente.
Quando la gente invecchia si pensa che non abbia più sentimenti
invece la sorella di mia nonna ne aveva
e quando è morto mio nonno, il mio bis- nonno
ha cercato di suicidarsi
ma nessuno se n'è accorto
del perché
perché ormai era una vecchia e cosa vuoi
mica uno ci poteva pensare che lo faceva per amore una così.
E invece lo faceva per amore.
E portava anche i fiori rossi sulla tomba di mio nonno
come una ragazzina.
Tutti pensavano che fosse qualche comunista del partito
e invece era la sorella di mia nonna,
Margherita.

Mia nonna Lucia, ha avuto la sfortuna di cadere
quando stava camminando in casa
perché la sua casa era lucida
ci metteva sempre la cera sul pavimento a macchioline
per far risaltare le macchioline
e a casa sua si doveva sempre mettere le pattine
per scivolare meglio.
Una volta che è scivolata giù
si è rotta un femore
e non voleva più tornare a casa perché tanto era da sola
perché mio nonno ormai era già morto da un pezzo
e lei si pensava che mio zio se la portasse in casa sua
dato che era diventato abbastanza ricco con le macchine utensili
e aveva una casa sul Po, di quelle belle con la colf e le cose di pelle
ma mio zio non poteva, perché la moglie di mio zio era una puttana
e non la voleva. Allora mio zio l'andava a trovare tutti i giorni
e gli dispiaceva
ma non poteva dire di no alla moglie
e fumava e aveva i tic nervosi sulla faccia
e infatti di lì a poco è morto mentre faceva un chec up in ospedale.

Poi mia nonna era diventata molto magra e le tremavano le mani
con le vene blu e sporgenti che le facevano male a prendere il cucchiaio
e la forchetta.
E le signore della casa di riposo erano molto didattiche.
Ma io quando andavo a trovare mia nonna facevo finta di niente
non volevo che vedessero che le odiavo.
Allora parlavo con mia nonna facendo finta che eravamo normali
come prima quando andavo a mangiare le acciughe a casa sua
o quando mi faceva le gonne con la Singer.
Però ad un certo punto mia nonna non era più felice
non era più possibile fare niente per farla sta su.
Anche se era leggera, era come se fosse pesante.
Anche se era molto fragile, sembrava di pietra.
Allora io a mia nonna le volevo molto bene
le avevo anche portato mio figlio piccolo in quel posto lì
in quella Casa di Riposo orrenda. Un bambino di un mesetto
in un posto pieno di vecchietti che lo guardavano come un marziano.
Era buffo. Ma lei non rideva. Era come se quel bambino
il suo tris-nipote, fosse troppo lontano per vederlo davvero cogli occhi.
Non la interessava.
Mi dispiaceva che non volesse niente. Mangiare niente
raccontare niente. Diceva solo: vai Vale, non stare qua, hai tante cose da fare.
E io andavo. Un po' perché non sapevo cosa dire
un po' perché quel posto aveva un odore che non mi piaceva.

Qualche volta compro la carne di agnello per fargli fare nel forno
lo stesso odore di quello che faceva lei.
Che è un odore un po' dolciastro, un po' cattivo
ma anche buono.
Perché lei, essendo di Sassari, lo cucinava con molto aglio
e molto pepe

e il pepe lo metteva fin dall'inizio.

venerdì 13 aprile 2012

senza differenza

le cinque e non si dorme.
che si fa?
si stira?
si fa un caffè?
si apre e chiude la finestra?
guarda la pioggia
a quest'ora sono tutti
senza differenza.

giovedì 12 aprile 2012

non che mi interessi adesso fare un discorso ambientalista

Che non ci si attacchi in questo modo
la colpevolezza che c'è nelle cose
che è come una polvere.

Noi prendiamo sempre per esempio
quello che abbiamo vicino
come se fosse nostro
o comunque avessimo più diritti su di lui
di lui, oh! perché?

Non siamo gentili con le cose che esistono
non siamo gentili mai
perché, come esseri umani
non siamo gentili?
Perché non vogliamo sporcarci 
e non vogliamo sporcarci
sempre in continuazione 
di qua no
di qua non si passa

da nessuna parte.

Prendiamo un fiore, anche piccolo
è sempre meglio
perché non parla
per esempio
ed è meglio
e si nutre di quello che gli casca giù

(non che mi  interessi adesso fare un discorso ambientalista).


Vedi, con le mani,
noi prendiamo tutto
dev'essere quello il problema
di toccare male
così inopportuno
con dentro qualcosa che ha dell'atto del volere
già nello sfiorare.

Io non voglio essere buona
oggi
non voglio usare le parole per abbellire
non voglio compromettere le parole
per nessuna cosa umana.

E alla fine c'è
ma non  negli occhi
quello che dici sempre che non c'è.

Certi poeti dovrebbe tagliarsi i capelli
fare della propria poesia una forma
di espiazione gigante
per recuperarsi
per recuperare il modo
chiedere scusa
a nome di tutti
a tutto.

mercoledì 11 aprile 2012

(la mia panettiera)

la mia panettiera
non si sa come mai
spara tante cazzate vezzeggiative
non c'è modo di comprare il pane
senza sentirsi dire
un bel panino morbido morbido è quello che ci vuole
o il latte
fresco fresco è quello che ci vuole
o anche solo
ecco che abbiamo fatto la spesina anche oggi.
vorrei chiederle perché fuori, da mesi, c'è il cartello
negozo in vendita.

martedì 10 aprile 2012

il nostro era il crocicchio

un giorno sono stata senza dirti nulla
in alto sulla strada dei fiori
dove c'era una casa grande 
con dentro delle persone che da fuori
sembravano felici
per il rumore che facevano delle risate
per il modello del'auto parcheggiata
che non era di lusso.
in cima alla strada c'era un crocicchio
uno di quelli che le fiabe dicono
di qua o di là o dritto.
per tutto il tempo pensavo solo
a portarti là, a quel crocicchio
per farti vedere che le possibilità c'erano
erano tre e si poteva scegliere
ma non erano tutte uguali 
non si sapeva, non si poteva sapere
quale fosse la migliore.
io con la bici andavo bene anche sui sassi,
la mia bici non era una montain bike
ma una bici arancione
che però va anche  sui sassi

con la mia bicicletta sui sassi
penso alle staffette
o altre persone con la bici 
che hanno percorso molti chilometri
sudando per qualcosa

non per le calorie, capisci?
io non vorrei che la nostra vita, 
il senso delle nostre vite
si riducesse a muoversi per consumare calorie.
per questo ti ho aspettato:
per sacralità.
una cosa sacra è quando 
per farla devi aspettare che ci siano tutti
chi ci deve essere

o anche aspettare per sempre.

un giorno sono stata senza dirti nulla 
in alto nella strada dei fiori
c'era una casa grande
di quelle dove vanno le famiglie per il natale
o la pasqua
che non è la loro casa di adesso
di tutti i giorni
adesso loro non ci vanno mai
sanno di muffa 
le camere
sono così
quelli che vanno in campagna
perché erano una volta
molte genrazioni fa
avevano dei nonni o dei bisnonni
che avevano un podere o una fattoria
e ci sapevano fare con gli animali
anche se non era compito loro
erano liberali,
amavano i cavalli.
si vedeva da fuori che quella non era la nostra casa.
noi eravamo più avanti.
il nostro era il crocicchio.




venerdì 6 aprile 2012

aghi ricchi e cammelli

Tanti anni fa, quando nel mondo c'era ancora molto vento, un giorno, per causa di questo vento, un ago si piantò a testa insù nel deserto.


per un po' non accadde nulla, perchè nessuno sapeva cosa fosse un ago, perché nel deserto non c'erano mai stati. quindi, passato il giusto tempo, passò di lì un cammello e finalmente disse - toh, un coso. poi lo guardò meglio e disse - un AGO. e lo chiamò ago.




dopo un po' passarono altri cammelli suoi amici e il cammello di prima disse - venite a vedere, amici, guardate cosa ha portato il vento! un ago!


Siccome non sapevano cosa farsene, cominciarono a girarci intorno per capire com'era fatto. Per allietarsi, cantavano,



finché uno di loro ebbe l'idea di provare a passarci in mezzo, così, per cambiare un po'.



Figuratevi gli altri. Appena lo videro vollero tutti fare la stessa cosa.


Continuarono così per due settimane. Erano stanchi, ma anche felici di aver ritrovato la voglia di saltare.
Un mattino che faceva molto freddo, passò di lì un ricco. 
Molto infreddolito. 
Li vide e disse - Che freddo fa stamattina, non trovate anche voi?
I cammelli risero e gli risposero - Noi non abbiamo freddo, ci scaldiamo con l'ago.
Allora il ricco disse - posso scaldarmi un po' anch'io? Sto morendo dal freddo ai piedi e alle mani.
- Prego, fa' pure, dissero i cammelli - salta pure.
Il ricco prese la rincorsa, arrivò fino in cima, ma quando fu arrivato alla cruna dell'ago scoprì di essere troppo grosso. 




-Questa cruna è troppo piccola, disse.
- Per niente, risposero i cammelli. noi ci passiamo benissimo , guarda. e gli mostrarono una serie di salti di gruppo.
addirittura due cammelli passavano insieme uno sopra l'altro.



-pazzesco, disse il ricco. Devo riprovarci con più fiducia  -Essì, dissero i cammelli, ci devi credere, altrimenti è difficile.
Per il ricco però non ci fu niente da fare: provò una volta, provò due volte, poi si arrese.
-Pazienza, dissero i cammelli.
-Pazienza, disse il ricco. 





E morì assiderato.

Passarono molti giorni, i mattini erano sempre più freddi e i cammelli si scaldavano sempre con la solita tecnica del salto nella cruna. 
Un mattino passò un altro ricco, annoiato e molto infreddolito.
Guardò i cammelli con aria incuriosita - cosa fate, chiese?
- Lascia perdere, dissero i cammelli, è già passato un altro ricco, ma non c'è niente da fare.Voi ricchi non passate.
- fatemi provare, disse il ricco, sono tutto infreddolito, ho bisogno di saltare un po'.
- Fai pure, dissero i cammelli, ma devi essere molto convinto.
Il ricco saltò, ma rimase incastrato nella cruna, e i cammelli dovettero metterci del bello e del buono per disincastrarlo. Poco ci mancò che gli rompesse il loro sistema di riscaldamento.
Per fortuna però il ricco si disincastrò. Era molto arrabbiato con la cruna dell'ago, però, non potendosela prendere con quella, se la prese coi cammelli. - Stronzi, disse.

- i cammelli fecero finta di non sentire e ripresero a saltare.
Il ricco se ne andò dietro una duna e non si fece più vedere.


Passarono alcuni mesi durante i quali i cammelli si divertivano tantissimo per conto loro con il loro nuovo, si fa per dire, gioco.
Venne il caldo (un caldo pazzesco, perché erano nel deserto, dove il freddo è molto freddo, il caldo è molto molto caldo).
i cammelli non saltavano più tanto per via del caldo.
Passò un ricco. Era molto magro. Disse- Mi hanno detto che qui c'è una cosa molto divertente, una cosa da saltare, voi avete saltato abbastanza, mi pare, adesso toccherebbe a me.
- Prego, dissero cammelli stravaccati sotto una palma, fa' pure, noi ti guardiamo da qui, che a quest'ora non saltiamo mai, per via del caldo.
Il ricco saltò e passò nella cruna dell'ago.
Si divertì talmente tanto che gli venne la fissa di saltare e non voleva più smettere.
-Guardate, guardate come salto, guardate come passo!
E i cammelli facevano sì con la testa per fargli capire che era bravo, che saltava bene.
Il ricco magro non si stancava mai di saltare, salta e saltava, e tutte le volte diceva -ehi, guardate cammelli come salto bene,  guardate che stile, che movenze, non ve lo meritate proprio un ago così, voi che siete goffi, poveri e gobbi.
E i cammelli guardavano e facevano sì con la testa, per fargli capire che sì, che lo vedevano e che era bravissimo e che sì, non se lo meritavano, ma tanto era loro, perché l'avevano visto per primi. Gli avevano anche dato il nome.

La cosa andò avanti parecchi giorni.
Poi venne un momento che uno dei cammelli andò a farsi una passeggiata. Passeggiando in qua e in là vide un laghetto naturale. 
-Che strano si disse, un laghetto naturale in pieno deserto.
Ci mise una zampa dentro,
- però è proprio un laghetto, non c'è niente da dire.
Allora corse di buona lena a chiamare gli altri cammelli.
- Venite, venite, ho trovato un laghetto bellissimo.



Intanto il ricco era sempre lì che faceva le sue circonvoluzioni sulla cruna dell'ago.
I cammelli dissero - E lui? che ne facciamo?
Uno di loro rispose - lasciamogli un messaggio sulla sabbia, scriviamogli che siamo andati al laghetto, così quando finisce di saltare magari ci raggiunge.
Allora con lo zoccolo( e qualcuno col naso) scrissero un messaggio per il ricco, indicandogli la via del laghetto.
ma il ricco era così occupato a saltare che non lo vide, e quando finì di saltare era così stanco che non aveva voglia di fare la fatica di mettersi a leggere quelle cose mezzo cancellate dal vento, scritte sulla sabbia.
- disse - quegli stupidi cammelli hanno finalmente capito chi è il padrone dell'ago. Meglio così, adesso è tutto mio, e, con quel caldo, riprese a saltarci dentro.


lunedì 2 aprile 2012



la mia camelia, se anche cambiassi casa, non l'abbandonerò come ho fatto col gelsomino rampicante, alla vicina di casa. la mia camelia, se dovessi andarmene, non la lascerò. perché le camelie non sono come i gelsomini, che sono più come i gatti. Le camelie sono più come i cani.