sabato 25 febbraio 2012

un romanzo

mi sembra che quasi sempre gli scrittori maschi scrivano di protagonisti maschi
e gli scrittori femmina di protagonisti femmine.
è raro che uno scrittore maschio si accolli una femmina come protagonista
perché probabilmente fa fatica a vedere le cose con quegli occhi lì, da femmina.
le scrittrici femmine a volte provano a scrivere di protagonisti maschi, ma sono sempre maschi speciali, molto sensibili, malati o bambini.
 i protagonisti maschi, per la maggior parte, agiscono seguendo logiche d'azione, le protagoniste femmine hanno quasi sempre un coprotagonista maschio che fa succedere le cose e loro ci pensano su e qualche volta agiscono, però sempre meno che se fossero state un  maschio.
un romanzo solo di maschi è quasi sempre molto movimentato, pistole, botte, corse in macchina. un romanzo solo di femmine non mi viene in mente.
piccole donne?
ci sono i maschi.
storie di suore?
c'è gesù.

poi un altra cosa che ho notato è che i romanzi per andare avanti hanno sempre bisogno di qualcosa che spinga la trama, cioè che la faccia muovere. come nelle fiabe: impedimenti, incidenti, qui pro quo.è raro che un romanzo si muova come una barca legata nel porto, solo con le onde provocate dalle altre barche. quello può succedere al limite nei racconti.
nei romanzi ci sono sempre questi eventi che devono far andare avanti la storia. senza storia è difficile che un romanzo si possa portare avanti.
la storia, in un romanzo, è una specie di pretesto. perché a partire da una storia data, è poi il modo in cui uno la storia la racconta, come la vede, il ritmo che gli dà, che racconta di più, secondo me.
la storia è soprattutto un vincolo, un modo per avere l'occasione di descrivere qualcosa dall'interno, senza perdersi.
il problema di alcuni romanzi è che la storia diventa più importante, prede il sopravvento e spadroneggia senza lasciare più alcuno spazio allo sguardo, alla poetica, al pensiero riguardo a quello che succede.
inoltre, nella vita reale, non succede mai che una storia sia ben delineata; è un po' come la frutta che cresce sugli alberi in modo naturale: è difficile che sia quel tipo di frutta perfetta e tonda incellophanata che si trova nei supermercati. la vita è così, le storie della vita sono sempre un po' storte, con qualche pezzo che sembra non essere completamente al suo posto. questo quasi mai viene raccontato bene nei romanzi, perché quando gli scrittori si mettono a scrivere un romanzo, è come se non pensassero più alla vita. vogliono che il loro romanzo esca bene, lo confezionano, comandano alla storia di andare così e così, perché magari si immaginano di farla finire in un certo modo, magari raffinato. ma la fine, per esempio, non ha poi così importanza.
un romanzo dovrebbe saperlo, che la fine potrebbe idealmente anche essere anticipata o posticipata di cento pagine, e lui, il romanzo dovrebe stare in piedi lo stesso.
invece i romanzi si beano quasi sempre dei propri finali, come se la fine fosse la ragione dell'inizio. 
nella vita uno non si muove mai per arrivare alla fine, perchè non ha alcuna idea di essa.
quindi, io, se mai scrivessi un romanzo, lo farei andare un po' di qua, un po' di là, a tentoni, come un cieco. e qualche volta ci metterei dentro delle cose che lo spingono, ma anche delle altre cose che lo spingono meno, e a volte, lo farei addirittura toranare sui suoi passi.
non dico naturalmente che il romanzo debba in tutto e per tutto somigliare alla vita, questo no. uno è anche libero di scrivere un romanzo non realistico. però dev'essere molto bravo.

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