domenica 16 ottobre 2011

il taccuino di gus

La sera della pasta in bianco era tutti o quasi i giovedì, ma poteva anche accadere di domenica e qualche volta anche di più. Anche se Mara e Amanda erano cugine al settimo grado i loro figli si chiamavano cugini, vivevano in forma di cugini e nessuno avrebbe potuto affermare il contrario. La sera della pasta in bianco quando Mara e Gus suonavano, dopo neanche cinque minuti fgli adolescenti erano in camera a farsi veri discorsi da cugini. Uscivano dalla stanza, entravano in cucina, mangiavano la pasta in bianco guardandosi di sottecchi,quando l'ultimo aveva finito faceva un cenno all'altro e tornavano nella camera a continuare quello che avevano lasciato a metà. Nessuno, nè Amanda nè Gus né Mara, poteva sapere nulla su quali fossero gli argomenti trattati nella stanza dei cugini.
Amanda Mara e Gus invece stavano per lo più seduti ad aspettare la pasta in bianco, senza agitazioni. A Gus piaceva mangiare con la televisione, ma a casa di Amanda la televisione non c'era. Bisognava per forza parlare. A Gus piacevano i morti, come argomento. Quando guardava la televisione si distraeva, ma a tavola, la sera della pasta in bianco, non disponendo della televisione, Gus finiva in un modo o nell'altro per parlare dei morti, che era in definitiva quello su cui Gus si riteneva più ferrato. Amanda sapeva che la sera della pasta in bianco era la sera che Gus, non avendo a disposizione la televisione, avrebbe certamente introdotto i morti e moribondi, come argomento declinato nelle sue svariate ed imprevedibili potenzialità.La grandezza di Gus era comunque che non si ripeteva mai, forse perché la morte per lui godeva di infiniti punti di osservazione. Da molti anni aveva preso l'abitudine di appuntarsi, come un mantra tutto suo, su un suo taccuino, i nomi di  tutti quelli che aveva conosciuto, amici, parenti e conoscenti, che avevano tutti in comune il fatto speciale di essere dei morti. Lo rilassava, diceva Gus, e lo faceva pensare.
Quando, durante la sera della pasta in bianco si era a corto di argomenti, bastava che Gus ripensasse al suo taccuino e ai nomi scritti sul taccuino per far decollare qualcosa.Se non erano amici, Gus, tirava fuori santi o gente spiritualmente avanzata, come Padre Pio o Papa Giovannipaolo, visti dal punto di vista del catarro e delle piaghe purulente.
La cena lo consentiva. I cugini erano nell'altra stanza con le loro cose.
Gus usava i suoi  morti come grani di un rosario personale, per raggiungere, in un certo senso, uno stato di relax. Non lo agitava pensare ai morti, anzi, quando ne parlava si animava e parlava con grande proprietà di linguaggio.Era padrone di quel teatrino di cui poteva sopostare a suo piacimento le figurine e dirne ciò che voleva. Nessuno avrebbe potuto dire che le cose non stavano o non erano state come Gus diceva. Nessuno sarebbe mai andato a recriminare imprecisioni, erano tutti in pace con la sua versione dei fatti.
Amanda a volte si immaginava di essere un giorno uno di quei granelli di Gus e si sentiva a disagio per gli altri, si sentiva come solidale con quegli sconosciuti rantolanti o appena depositati.Quelle sere della pasta in bianco, quando Gus attaccava,Amanda stava un po' con Gus e un po' stava con i granelli. Nel frattempo si occupava della cena, di far girare la pasta in bianco nei piatti o di bere o di offrire del vino. Mara sapeva già tutto. Conosceva già per filo e per segno la fine, i rantoli e le prime avvisaglie di malattia di tutti. Non dava segni di sconforto né di impazienza, piuttosto seguiva Gus nel racconto, per essere sicura che Gus non ci ricamasse sopra. A volte lo interrompeva, lo correggeva, minimizzava, semplificava alcuni particolari per raggiungere il finale più rapidamente e con maggiore precisione, di quanto Gus forse desiderasse. A Gus piacevano quelle storie di morti e le banane. Amanda pensava sempre a non far mancare le banane, le sere della pasta in bianco. Gus mangiava la banana e sgranava il suo rosario, al posto di guardare alla televisione storie vere di gente sfortunata. 
Gus aveva bisogno di tanta sfortuna altrui, per riempirsi le tasche di quella sfortuna e non aver più posto per la propria, che era sempre appostata. E poi le bamane. Gus poteva mangiare anche due banane di seguito. Se non avesse dato troppo nell'occhio, (le banane Amanda le comprava solo per lui, nessun altro mangiava banane le sere della pasta in bianco, oltre a Gus) ne avrebbe mangiate forse tre, o anche quattro.
Non si poteva sapere quante banane gus fosse in grado di mangiare, se non avesse avuto il pudore che aveva. 

Gus non era una persona solare, ma sapeva scatenare l'ilarità, senza volerlo.Come quando in cantiere ascoltava alla radio Radio Maria.


Amanda non portava rancore a Gus per la volta che con l'avvitatore le aveva bucato l'unghia del pollice mentre avvitavano un finto soffitto a cassettoni, e neanche per la volta che perdendo l'equilibrio dal trabatello si era aggrappato ai suoi capelli con tutto il suo enorme peso.
Quando lavoravano insieme Amanda e Gus, era Amanda la dipendente  di Gus, ma era lei a comprargli le viti e lei ad offrirgli la colazione. Quando Amanda si portava dietro il pranzo, Gus si comprava una pagnotta e mangiava solo quella, senza niente dentro, per risparmiare perché non aveva mai soldi. tutti i soldi di Gus andavano alla famiglia e per Gus non restava niente da investire nei lussi. In certi periodi Gus considerava un lusso anche il dentro del panino.

Tutto quello che veniva fuori da Gus era insieme tragico e comico.
A Gus, oltre ai suoi morti, piacevano i santoni e gli esseri con una religiosità perentoria e misteriosa. Leggeva libri che trovava nelle cantine o nelle soffitte che svuotava, raccoglieva segni e li metteva insieme. Gus aveva bisogno di qualcuno che gli indicasse una strada da percorrere almeno per un po'. 
Portava la croce al collo, leggeva con attenzione di miracoli, miracolati, vite dopo la vita,cerchi nel grano, segni della presenza di alieni, faraoni, si interessava a santoni con la jaguar che distribuivano il proprio sapere con cassette per raggiungere la consapevolezza e cercava la sua verità in quel disordine, in quel cumulo di verità non sue e non per lui.
Gus era una specie di santo mancato, pensava Amanda. Se avesse trovato il terreno giusto, Gus sarebbe stato un santo, ma le condizioni non glielo avevano permesso. Gus doveva accontentarsi di reliquie non sue, di fedi frammentate, di informazioni estrapolate da video cassette di santoni prestate da amici.
ma con tutto questo Gus creava sistemi alquanto originali, che non cominciavano e non finivano, nei quali la formula ricorrente era Perché comunque certe cose sono comunque vere,anche se non lo sappiamo, alcune cose sono successe o possono succedere. E noi non lo possiamo sapere.
Alla fine della sera della pasta in bianco, quando ritirava i piatti e Gus e Mara si preparavano per tornare a casa, urlando al loro dei due cugini Adesso è ora e ringraziavano, sulla porta, per la pasta in bianco.
Allora Amanda, come Gus, pensava Noi, non lo possiamo sapere.

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