domenica 14 agosto 2011

una forte fede

oggi sei arrivato e abbiamo capito da subito che era aria di festa
anche se non ci pensava nessuno.
così mi hai chiesto se bevevamo il caffè ma io il caffè non posso berlo
oggi. perché me l'hanno sconsigliato in tanti, questo caffè.così il caffè lo bevi solo
perché è mattino. ieri era il tuo compleanno e io non sapevo come dirtelo. 
andiamo nel bosco, poi ci fermiamo (nel bosco) mettiamo giù la stoffa che hanno lasciato quelli che si sono sposati nella tua macchina. stiamo lì a mangiare i panini scongelati il prosciutto crudo con la carta argentata e la mia insalata col cumino e i dolcini arabi che erano per te, soprattutto. stiamo lì sdraiati come normalmente. beviamo l'acqua dalla bottiglia e tu mi spieghi la vita, che cosa non si fa e cosa si fa, nella vita. così capisco e non capisco. a volte mi pare di capire, a volte mi si ribella qualcosa ma lo riprendo subito. quando parli dentro ti do ragione, ma quando non parli subito mi pare che la ragione sia da un'altra parte. Come sempre.
Poi mettiamo giù le carte ti dico. lo dico per cercare un significato nelle cose come vanno e come stanno andando. per cercare una verità e per non mentirti.
per lasciare spazio camminamo nel bosco e si arriva alla fonte ferrosa.
la guardiamo scendere, l'acqua della fonte, che sotto fa ruggine la vorremmo bere, ma abbiamo anche paura. anche se il ferro dicono tutti che fa bene, quel ferro di quell'acqua non si sa. 
poi torniamo indietro in salita. in salita le cose salgono e fanno male. non mi piace più questa festa. non so più dove ho messo il cuore, e questa cosa mi dispiace e questa cosa non si sa dove va a finire.
come la salita non si sa quando finirà. ma invece è prima di quel che si pensava, ed è ancora solo un pomeriggio. come cammini svelto penso, come cammini lenta, dici. di solito non è mai così, di solito sei tu che non vuoi camminare, sono io che ti porto, che ti dico andiamo andiamo di là, scendiamo giù vediamo dove va a finire. ma oggi no.oggi voglio tornare. dopo con la macchina ci fermiamo alla fontana di un paese a prendere acqua normale, da bere e basta.
mentre guido penso sempre che se uno ha due assi nella manica uno dei due non serve a niente. come mettersi una scarpa dentro l'altra. un fatto stupido. 
Se tutto fosse più algebrico, se avessi fede.
poi si arriva a casa. tu te ne vai. non vorresti andartene, son io che dico proprio così, sì, vai via, voglio che vai. porti via il regalo.
devo mettere tutto a posto. ma non so da dove si parte perché non ho cassetti. non ho mai avuto abbastanza cassetti. ne ho solo tre, vuoti. se metto qualcosa in un cassetto lo perdo per sempre.
allora poi dovrei sentirmi liberata ma non mi sento nè in un modo nè nell'altro (non liberata). 


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