domenica 2 gennaio 2011

è più come una macchia sulla tovaglia

a volte le cose si mettono in un modo e cambiano per i fatti loro, nessuno le spinge a cambiare. a volte qualcosa si mette di traverso e non lascia più passare il solito. ed è così che il solito si ammucchia, si ammucchia senza passare. e spinge. ma siccome la cosa di traverso non si sposta, anzi, col premere del solito si fissa ancora di più, ecco che si crea come un ingorgo: di qua il solito che preme e spinge, in mezzo qualcosa di traverso e di là il vuoto. un vuoto che non aspetta che di essere riempito dalle solite cose che però non passano, essendo impedite.
ed ecco che di colpo la pressione aumenta e tutto si mescola e niente è più come prima.

lui le si siede di fronte e dice: da oggi in poi niente sarà più come prima. però la verità è che le cose stavano già così da prima che si sedesse. la verità è che si era seduto solo per dire: niente sarà più come prima. le cose non erano già più come prima altrimenti non si sarebbe mai seduto a dire una frase simile.
in ogni caso, queste parole: niente sarà più come prima sigillavano una nuova realtà, che ancora nessuno poteva conoscere. nessuno poteva sapere se questa nuova realtà sarebbe stata migliore o peggiore della precedente. 
la precedente realtà non era delle migliori. era una realtà stanca, stirata, affaticata da se stessa. come quasi tutte le realtà finiscono per essere.
che palle. pensò lei.
finisce sempre così. 
tutte le realtà hanno un difetto.
poi lui le disse il resto. il resto però non aveva più la stessa forza propulsiva dell'attacco. perché la realtà propulsiva consiste sempre, al suo meglio, nell'atto della distruzione. alla fine, quando tutto è stato distrutto, la realtà trova un suo nuovo corso, come un fiume deragliato o come si dice.
un fiume, quando perde il suo letto, si smarrisce per qualche tempo, si disperde in una grande quantità di rivoli e piccoli ruscelli ma poi, nell'arco di qualche tempo, si ritrova e ricomincia a fare quel che ha sempre fatto: scorrere via.
non si sa se questa storia sia o non sia una storia a lieto fine.
il lieto fine presuppone una fine. una vera fine. le fini non possono in alcun modo essere decise, né stabilite. le fini arrivano da sole, non si annunciano e non si dicono. le fini fanno tutto da sole.
poi alla fine del caffè, che era il tempo massimo concedibile a quell'incontro, si alzano.
che tristezza. era tanto di quel tempo che dopo un caffè non c'erano incidenti.
invece in questo caso la fine del caffè corrisponde anche alla partenza.
poi, dopo la partenza, lei pensa a lungo se sia o meno il caso di credere a ciò che si è detto.
perché appunto ciò che si dice non è sempre vero.
però in questo caso sì.
infatti alcuni segni dicevano di sì.
anche i segni premonitori aveva detto di sì.
i segni premonitori avevano già parlato a lungo inascoltati.
in questi casi tutto si può riassumere nella spazzatura. se devi buttare via molto o molto poco, questo è un segno premonitore.
se lui si era già portato via quasi tutto, prima di sedersi a bere il caffè, se non c'era più niente da buttare via, a parte piccole cose rotte o consunte, questo era un segno premonitore.
e questo era il caso.
perciò la prima cosa che lei fa entrando in casa è guardare cosa sia rimasto da buttare: quasi nulla.
in quel momento che si rende conto che le cose sono irrimediabilemente cambiate.
non si sa se sia triste o non triste.
è più come una macchia sulla tovaglia.il segno che una cosa è stata usata, è stata vissuta.
poi lei si trascina nel silenzio, cerca di capire di che silenzio si tratti.
fa degli esercizi in questo nuovo silenzio, per vede se sia possibile abitarlo oppure no.
la casa ha come delle maree, a volte l'acqua si ritira, a volte sale e copre tutto.
quando l'acqua sale, lei pensa di andarsene. quando l'acqua scende lei raccoglie quello che è rimasto e lo cataloga e lo mette via.
lui nel frattempo raggiunge la postazione.ha la sensazione di aver fatto quel che doveva fare. beve una birra e pensa che d'ora in poi non rifarà più gli stessi errori di prima. beve un'altra birra e pensa che non farà mai più errori così. 
alla quinta birra non si ricorda più di quali errori si parlava, pensa alla propria infanzia, che da piccolo se l'avessero lasciato fare sarebbe stato meglio, che da piccolo era un genio in erba.questa cosa del genio lo riporta a tutta una serie di cose alle quali da tanto tempo non aveva avuto modo di tornare. ordina un'altra birra e offre una sigaretta a una donna che gli sta seduta di fianco che si chiama miriam, che da parecchio tempo vorrebbe fotografare in mutande.
nel frattempo la marea torna ad alzarsi sollevando tutto.
lei usa una scatola di cartone per mettersi in salvo. quando la marea spacca le porte e le finestre lei sta su quella scatola come su una barchetta a remi e spera che il cartone non si imbeva troppo infretta. 
la corrente la porta sulla strada e la barchetta è in balìa della corrente.
lei si tiene ai bordi del cartone per non scivolare nell'acqua.
il mare diventa un torrente in piena ed è sempre più buio, il cielo.
lui torna a casa barcollando e si chiede se ha detto o meno tutto quello che doveva dire mentre beveva il caffè, si risponde che gli pare di sì, ma non può esserne sicuro.
mentre apre il portone della casa di miriam, la chiave si spezza nella toppa. neanche a farlo apposta. lui si sente talmente male che vorrebbe essere in campeggio, dentro una tenda canadese con la cerniera lampo.
miriam è molto allegra, gli propone di passare la notte a camminare per le strade. ha una giacca a vento molto calda e non si preoccupa per niente del freddo.lui accetta perché ormai la chiave è rotta.
camminano fino al parco, la temperatura scende sotto lo zero.quando il freddo attraversa anche la giaccavento, miriam gli chiede di abbracciarla.
il fumo esce dalle loro bocche e sembrano draghi che si baciano.
la corrente ha fatto il suo corso e il cartone fino ad un certo punto è rimasto impermeabile. quando il cartone ha cominciato ad assorbire acqua, lei ha sentito l'acqua entrarle nelle calze e nei piedi e nelle gambe. quando il cartone si è gonfiato d'acqua, lei ha sentito il corpo preso e sollevato, separarsi, lasciarlo scivolare via.
lei nuota veloce, aiutata dalla corrente,nella direzione della corrente. pensa: andiamo dove dobbiamo andare.
lui accende un fuoco con dei giornali nel parco, un fuoco brevissimo ma molto luminoso. miriam si strofina le mani, gli dice: domani facciamo le fotografie in mutande. lui guarda il fuoco che poco prima divampava, spegnersi nel buio tra l'erba del parco.
hanno finito le sigarette.


 

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