mercoledì 30 maggio 2012

i testi per gemito (2008)


Quando butti un libro o te ne disfi, prima o poi la cosa ti si rivolgerà contro. Tranne che per quelli di banana yoshimoto che dovrebbero essere messi al rogo d’ufficio.

Perché negarlo: a me il cardiofrequenzimetro piace. Mi piace anche se è un oggetto di quelli che si possono far sparire dalla faccia della terra e non succede niente. Io il cardiofrequenzimetro me lo terrei sempre addosso. Per la gioia che mi dà sentire che sono viva, che il cuore batte anche se non ci penso, che sono “monitorata” in ogni momento.


Quelli che si devono fare le lavatrici da soli li riconosci perché i golf di lana dopo un po’ gli scendono lungo il braccio, oltre il polso. E fanno come se niente fosse.

A proposito dell’aver figli: mi fa piacere quando penso agli alberi genealogici, che a partire dal basso hanno due nomi e poi a salire si allargano, e ci sono certi rami che non hanno nessun seguito. Sono come dei binari morti, come dei monconi smarriti, dove la linfa non sale più e torna indietro. E allora penso, almeno questo l’hai fatto: hai fatto crescere un pezzetto del tuo albero.


Ma l’ho capito che la vita è dura. L’ho capito. Concorsi. Si. Concorsi.
Devo organizzarmi. Essere sistematica,insistere. Vigile, bidella. Lo so. Alla fnac l’ho già mandato. Anche all’ikea. Si una volta. Ma si. Si. Domani. Promesso. Vendermi un po’. Con quello che so fare. Si.che ne so fare di cose. Che sono brava e tutto. Domani mattina ci provo. Quello che mi fa star bene dal punto di vista materiale e da tutti i punti di vista. Sono un profilo atipico. Atipico.
Vedi come può essere monetizzato. Centri territoriali permanenti. Entra in contatto. Io prenderei. Qualche cazzo di cosa la saprai pure fare. Le marmellate. Che cazzo ne so.

La radio di cantiere, è strano che sia un oggetto fondamentale (non si lavora senza un suono), e come sia quella che alla fine paga per tutti. La radio di cantiere, la più preziosa, è sempre sottoposta a cadute, sciovolate e strappi, sempre coperta di malta o bagnata di acqua lercia.

Viene un momento in cui non credo più in nessuna possibilità. Tutte le possibilità si annullano e non ne resta nessuna.

L’idea che la vita sia costituita per la maggior parte del tempo di tempi in cui sei costretto ad adoperare le forze per qualcosa di cui non ti importa nulla è devastante. In tutto questo tempo ho capito che non c’è niente di cui mi importi abbastanza da sentirmi affrancata dalla fatica. La fatica è il mezzo di cui mi servo per discernere tra ciò che mi interessa e ciò che se ne può andare. Senza fatica non avrei occhi né tatto.

Se mi pagassero per scrivere sarei come un bambino costretto a ricredersi su babbo natale.

L dice che a New York in molte librerie c’è gente seduta a terra che legge i libri. C’era anche una barbona, sdraiata con gli altri a leggere. Avrà pensato Finchè leggi, sei come gli altri newyorkesi.

A. anche se può sembrare, non è un vecchio. Non è neppure solo un drammaturgo. E’ una delle rare persone che valgono la propria pena.

Il fatto di amarti sta diventando così assoluto, non ho mai avuto niente di assoluto nella mia vita, nessuna fede, nessuna ideologia. Non mi sono mai abituata all’idea che una cosa potesse restare se stessa senza evolvere in brutta sorpresa. Tu sei la prima volta che dio si manifesta a me facendomi toccare qualcosa di concreto che mi avvicini a lui. Il primo segno di salvezza. Il primo segno d’elezione. A volte penso che ci sia stato un errore e che tu fossi destinato ad una qualche mia vicina di casa.

A volte sei di carta, ti muovi appeso e vedo tutti gli strappi del tuo corpo.

Quando da ore mi trastullo con ordigni bellici per far saltare tutto, tu ancora mi sorridi: Come fai ad essere così paziente con me? Cosa ti ho fatto?

Guidare non mi piace. E neanche stare ferma. Ho bisogno di un autista che mi parti dove è meglio che vada, senza chiedermi la strada e senza perdersi.

Quelli che lavorano da molto tempo hanno esaurito le energie. Da una parte li invidio, anche se non sono come loro. Sento che prima o poi dovrò dire anch’io: faccio questo e lo farò per sempre, fino alla fine della vita. Lavoro in questo campo. Ma spero sempre che qualcosa venga a prendermi e mi porti via. Come gesù quando da morto è stato assunto in cielo. Che lavoro faceva gesù? Cosa avrebbe scritto sulla carta d’identità?

Odio la tua confusione. Che è la mia. Odio di te tutto quello che mi rassomiglia. In definitiva, cerco di farti assumere un’immagine rispettabile per esserne stata l’autrice. E potermi dedicare finalmente al mio smarrimento.


Quelli che ti dicono Tu pensa per te, non ci pensare a lui, ognuno deve pensare prima per sé e poi se mai, agli altri perché un domani, quando hai bisogno, mica gli altri ti aiutano, se non ti aiuti da solo non ti aiuta nessuno - quelli non solo non li capisco, ma mi stanno anche antipatici.

Un dentista, uno che non conosci che potrebbe essere un chiunque, tu gli permetti di ficcarti un trapano in bocca e di fare cose che neanche il tuo migliore amico. Solo perché hai mal di denti e non sai altro.

Quando arriva un dolore è come la genesi del mondo, prima non c’era, neanche in concetto, neanche in idea, e dopo c’è. E quella presenza del dolore, quando c’è, non riesci neanche più ad immaginarti com’era quando non ce l’avevi. Finchè non ti passa. E’ come se Dio, per un po’, decidesse di tenerti stretta una mano.

Non è che devi svegliarti di notte per scrivere. Non lo fai contro qualcuno. Lo fai e basta. Perché se non le scrivi di notte, certe cose, di giorno niente.

Cerco in te una nobiltà che mi risarcisca del fatto che quando dormi non solo russi, ma fai dei rumori con la bocca che sembri l’esorcista. Allora mi dico – pensa al suo lato nobile, da sveglio, ci penso ci penso e non mi viene niente, poi ti scrollo, ti sveglio, tu apri gli occhi, mi sorridi, non ti arrabbi mai quando ti sveglio, sei un angelo.


Non è che non voglia lavorare in generale, dico solo, vorrei un lavoro che non c’entri con i soldi tutto qua.

A volte faccio una prova. Dico: farò così. E dico la cosa peggiore del mondo. Se vedo che nessuno si scompone allora cerco di abituarmi all’idea che quella cosa è una cosa accettabile. In pratica su quasi tutto faccio così, per non offendermi di esistere.

Tuo figlio non sarà mica di quelli che guarda la televisione mangiando. Sarà un bambino di quelli che la televisione la vede solo a certe ore, ben codificate, un bambino che legge, che dipinge, un bambino molto libero dagli schemi, eccetera. Cazzate.

Mi sa che la vita è troppo dura per me. io ero fatta per avere molta fiducia ma per poco tempo. Non sono una fondista.
e così ora sono senza fiato e manca ancora troppa strada.
a volte penso che se la selezione naturale non fosse edulcorata dalla tecnologia, io sarei già spiaggiata. come balena, intendo. è una metafora.
vorrei un deus ex machina.
in forma di uomo.
in forma di qualcuno che mi prenda per mano e mi porti fuori e mi dica vedi
credevi fosse buio solo perché eri dentro ma fuori
fuori c'è sempre stato il sole.


I giorni che non ti reggo sono quelli che ti guardo la cenere sulla sigaretta e prego che non ti cada per non farmi traboccare il vaso, ma ti amo, anche se sono ruvida. Sono ruvida ma non ti caccio mai dal cuore.

Se sai chiedere aiuto sei a metà dell’opera, se sai il come qualcuno che ti aiuta lo trovi. Ma certe volte l’aiuto consiste proprio nel sapere che aiuto ti serve, e lì il difficile.

T sta sul treno per milano, legge un libro sull’anoressia per capire perché la sua ultima storia d’amore non ha funzionato. A milano va a trovare un amico e una vecchia fiamma, magari si vede una mostra, dice, e poi torna a casa.

Se avessi il coraggio non starei sempre ad espiare, a farmi il culo per cose di cui non mi importa niente, se avessi il coraggio non mi farei il culo, farei grandi cose e diventerei famosa e di successo, tutti parlerebbero di me e mi intitolerebbero anche una via. Prima o poi.

Quando penso Sono qui e scrivo, e ci sono due possibilità. La prima è che tra dieci anni qualcuno dica di me tutte le mie fatiche in funzione del successo, la seconda e che quelli che mi conoscono dicano Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.


Quand’è che passiamo una giornata intera a letto, non ci alziamo, facciamo l’amore tutto il giorno e ridacchiamo e oziamo fino al giorno dopo? Tu con le tue cuffiette per montare i video, comprate dai cinesi a sei euro.

Maldischiena. Malditesta. Tosse bronchiale. Sonnolenza. Soprappeso. Irritabilità. Controindicazioni alla vita che conduciamo.

Se fosse dipeso da me, l’evoluzione del mondo le scoperte, io magari sarei arrivata alla ruota, ma una lampadina, diciamo, o una cosa come un motore a scoppio, non ci sarei mai arrivata.

Come t’ho fatto ti disfo, diceva sempre la mamma casalinga della mia migliore amica compagna di classe.
Mia madre invece non ha mai detto niente di tutto questo. Perché quella era una minaccia e come psicoanalista sapeva che minacciare i figli è una cosa che non sta bene e fa subito cattivo genitore. mia madre predicando sempre bene ha sempre razzolato nella sua aia come se fosse l’unica abitante dell’aia e come se gli altri fossero solo parte della sua immaginazione. E le immaginazioni, quelle si, nulla vieta di sterminarle.


Sogno che ero con d in un paese piccolo del sud a picco sul mare, eravamo fuggiti lì per qualcosa che non so. In ogni caso quella casa era come un rifugio. Mentre d dormiva nel sogno io esco a fare qualcosa, arriva un vento fortissimo che mi solleva da terra e mi fa volare sul precipizio sul mare. Era una cosa meravigliosa quella di volare, ma ovviamente mi facevo anche la domanda: se il vento finisce?
Allora svolazzavo sempre più in alto su quel mare lontanissimo blu e un po’ minaccioso e un po’ seducente che mi sembrava un sogno. Poi trovavo una rete, una rete che recintava l’aldiqua del burrone dall’aldilà del burrone, e cercavo di aggrapparmi a questa rete per restare aggrappata il più possibile in modo da non essere completamente in balia del vento. Si capisce che non ero scema.
Poi il vento si è placato e io ero come appollaiata sullo strapiombo, alla rete, dalla parte dello strapiombo. Ma non avevo paura di cadere. Avevo solo una lieve preoccupazione perché non sapevo più dove fosse il paese da cui mi ero levata, e non sapevo come si chiamasse, né come avrei fatto a tornarci. Inoltre ero appunto aldilà della rete e non c’era nessuno n giro a cui chiedere.
Per fortuna sento una voce dalla finestra di un altro pesino, quello in cui ero finita, ed era una donna anziana, molto gentile, per nulla stupita che mi dice : signò siete volata per via del vento?
E io Si.
Eh, mi dice, da queste parti bisogna stare attenti.
E poi mi dice se voglio che mi venga a prendere che c’è un cancelletto che dà sulla strada e se voglio me lo mostra e mi accompagna dove voglio.
Io dico si.
Lei mi accompagna alla casetta dove c’è d. che dorme e io penso qualcosa che non mi ricordo.




Due ferite che si riaprono ogni mattino, alle sei, sei e mezzo, i miei occhi non si rimarginano mai.

Quasi ogni notte sogno B, sogno che facciamo delle conversazioni quotidiane, niente di eccezionale. Nei sogni io e B conduciamo una di quelle vite del tutto normali mentre nella realtà non è affatto così, ci vediamo raramente e quasi sempre facciamo sesso.

Ieri hai notato che i bambini non hanno il bianco degli occhi, la pupilla riempie tutto l’occhio. La faccia cresce, l’occhio resta uguale, l’iride si perde nel bianco dell’occhio.

Portarsi dietro la macchina fotografica sempre. Tutte le volte che la dimentico a casa vedo qualcosa che mi dispiace non averla portata. Resto lì a guardare, a dire, peccato, e adesso? Come faccio a mettermi in tasca una visione?

Certi libri, dopo tanto tempo, ti fanno venir di nuovo la voglia leggere che è quando ci pensi sempre che vorresti avere il tempo per continuare la storia, che sei più nella storia del libro che nella tua, e gli altri, quelli che vivono fuori, ti fanno pena perché sono solo reali, e non sanno cosa si perdono, mentre tu no, sei salva perché hai il libro. Finchè non è finito.

Le donne in piscina sono normali, ma sono belle. Anche se non sono perfette sotto la doccia mi sembrano proprio delle bellezze femminili, con tutte quelle tette che poi sono una diversa dall’altra e anche i culi . Invece quelle della palestra sono orrende, con quei tutini muscolari e le fasce per capelli sembrano bambine vecchie. L’unica possibilità per una da palestra di diventare bella e di andarsene da li, farla finita con tutte quelle flessioni davanti allo specchio e quei discorsi del cazzo sulla dieta a zona e la televisione davanti al nastro e niente. Spogliarsi di tutto e tornare in piscina.


Io se penso chi sono mi vengono in mente tante di quelle cose e non so decidere, poi mi viene un senso di caos che non ci capisco più niente. Allora ricomincio e cerco di dividere le cose in tre piste. Faccio finta di avere tre vite normali in una. E così va meglio. A volte.

Quando non ci penso per tanto tempo all’improvviso mi torna in mente che abbiamo litigato per qualcosa, che non ci parliamo più da più di un anno e non mi ricordo più il perché. E poi mi tornano in mente delle cose di quando eravamo ancora amici e ci comportavamo proprio come se non potessimo neanche lontanamente immaginare che un giorno sarebbe finita così a non parlarsi più e non fare una grinza. Una volta passando di fianco a un falò, in veneto, faceva freddo e mi spiegavi qualcosa sulle categorie di Aristotele e io ho pensato che tu fossi un genio, mentre guardavo il fuoco del falò passandoci vicino. Mi piaceva non sapere le cose che tu sapevi per farmele spiegare da te e avere quella sensazione bellissima che tu fossi veramente esperto.


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