mercoledì 30 maggio 2012

l'ultimo giorno che siamo stati felici

sì sì, una volta era successo
per il tuo compleanno
c'erano i soldi della siae
e proprio quel giorno
avevamo potuto festeggiare
sederci veramente nel dehor
e ordinare le acciughe al verde
e i formaggi e il vino. senza scherzi.
ci hanno portato anche un pane caldo
se ben ricordo.
alla fine eravamo andati in una foresta
dove un po' sdraiati si era discusso a lungo
ché tu avevi molta paura
delle castagne che cadevano dal cielo
e io no. Perché le castagne, ti dicevo
non fanno paura
invece a te era già successo
e per questo ti facevano paura.
ma poi non ci abbiamo più pensato
e siamo andati ancora un po' avanti
nel sentiero anche se c'era  la macchina
il posto dove l'avevamo lasciata
o qualcosa del genere che non andava bene
o forse faceva freddo
o forse era solo tardi
e bisognava tornare
e sulla via del ritorno io avevo preso due dolci
e della cioccolata in crema da portare
delle quali una verde
che doveva essere al pistacchio
e ti mettevo quel ciccolato verde
in bocca, mi pare, con il dito
dal barattolo
mentre tu guidavi.
e questa è stata, se ben ricordo,
l'ultima volta che siamo stati felici.

i testi per gemito (2008)


Quando butti un libro o te ne disfi, prima o poi la cosa ti si rivolgerà contro. Tranne che per quelli di banana yoshimoto che dovrebbero essere messi al rogo d’ufficio.

Perché negarlo: a me il cardiofrequenzimetro piace. Mi piace anche se è un oggetto di quelli che si possono far sparire dalla faccia della terra e non succede niente. Io il cardiofrequenzimetro me lo terrei sempre addosso. Per la gioia che mi dà sentire che sono viva, che il cuore batte anche se non ci penso, che sono “monitorata” in ogni momento.


Quelli che si devono fare le lavatrici da soli li riconosci perché i golf di lana dopo un po’ gli scendono lungo il braccio, oltre il polso. E fanno come se niente fosse.

A proposito dell’aver figli: mi fa piacere quando penso agli alberi genealogici, che a partire dal basso hanno due nomi e poi a salire si allargano, e ci sono certi rami che non hanno nessun seguito. Sono come dei binari morti, come dei monconi smarriti, dove la linfa non sale più e torna indietro. E allora penso, almeno questo l’hai fatto: hai fatto crescere un pezzetto del tuo albero.


Ma l’ho capito che la vita è dura. L’ho capito. Concorsi. Si. Concorsi.
Devo organizzarmi. Essere sistematica,insistere. Vigile, bidella. Lo so. Alla fnac l’ho già mandato. Anche all’ikea. Si una volta. Ma si. Si. Domani. Promesso. Vendermi un po’. Con quello che so fare. Si.che ne so fare di cose. Che sono brava e tutto. Domani mattina ci provo. Quello che mi fa star bene dal punto di vista materiale e da tutti i punti di vista. Sono un profilo atipico. Atipico.
Vedi come può essere monetizzato. Centri territoriali permanenti. Entra in contatto. Io prenderei. Qualche cazzo di cosa la saprai pure fare. Le marmellate. Che cazzo ne so.

La radio di cantiere, è strano che sia un oggetto fondamentale (non si lavora senza un suono), e come sia quella che alla fine paga per tutti. La radio di cantiere, la più preziosa, è sempre sottoposta a cadute, sciovolate e strappi, sempre coperta di malta o bagnata di acqua lercia.

Viene un momento in cui non credo più in nessuna possibilità. Tutte le possibilità si annullano e non ne resta nessuna.

L’idea che la vita sia costituita per la maggior parte del tempo di tempi in cui sei costretto ad adoperare le forze per qualcosa di cui non ti importa nulla è devastante. In tutto questo tempo ho capito che non c’è niente di cui mi importi abbastanza da sentirmi affrancata dalla fatica. La fatica è il mezzo di cui mi servo per discernere tra ciò che mi interessa e ciò che se ne può andare. Senza fatica non avrei occhi né tatto.

Se mi pagassero per scrivere sarei come un bambino costretto a ricredersi su babbo natale.

L dice che a New York in molte librerie c’è gente seduta a terra che legge i libri. C’era anche una barbona, sdraiata con gli altri a leggere. Avrà pensato Finchè leggi, sei come gli altri newyorkesi.

A. anche se può sembrare, non è un vecchio. Non è neppure solo un drammaturgo. E’ una delle rare persone che valgono la propria pena.

Il fatto di amarti sta diventando così assoluto, non ho mai avuto niente di assoluto nella mia vita, nessuna fede, nessuna ideologia. Non mi sono mai abituata all’idea che una cosa potesse restare se stessa senza evolvere in brutta sorpresa. Tu sei la prima volta che dio si manifesta a me facendomi toccare qualcosa di concreto che mi avvicini a lui. Il primo segno di salvezza. Il primo segno d’elezione. A volte penso che ci sia stato un errore e che tu fossi destinato ad una qualche mia vicina di casa.

A volte sei di carta, ti muovi appeso e vedo tutti gli strappi del tuo corpo.

Quando da ore mi trastullo con ordigni bellici per far saltare tutto, tu ancora mi sorridi: Come fai ad essere così paziente con me? Cosa ti ho fatto?

Guidare non mi piace. E neanche stare ferma. Ho bisogno di un autista che mi parti dove è meglio che vada, senza chiedermi la strada e senza perdersi.

Quelli che lavorano da molto tempo hanno esaurito le energie. Da una parte li invidio, anche se non sono come loro. Sento che prima o poi dovrò dire anch’io: faccio questo e lo farò per sempre, fino alla fine della vita. Lavoro in questo campo. Ma spero sempre che qualcosa venga a prendermi e mi porti via. Come gesù quando da morto è stato assunto in cielo. Che lavoro faceva gesù? Cosa avrebbe scritto sulla carta d’identità?

Odio la tua confusione. Che è la mia. Odio di te tutto quello che mi rassomiglia. In definitiva, cerco di farti assumere un’immagine rispettabile per esserne stata l’autrice. E potermi dedicare finalmente al mio smarrimento.


Quelli che ti dicono Tu pensa per te, non ci pensare a lui, ognuno deve pensare prima per sé e poi se mai, agli altri perché un domani, quando hai bisogno, mica gli altri ti aiutano, se non ti aiuti da solo non ti aiuta nessuno - quelli non solo non li capisco, ma mi stanno anche antipatici.

Un dentista, uno che non conosci che potrebbe essere un chiunque, tu gli permetti di ficcarti un trapano in bocca e di fare cose che neanche il tuo migliore amico. Solo perché hai mal di denti e non sai altro.

Quando arriva un dolore è come la genesi del mondo, prima non c’era, neanche in concetto, neanche in idea, e dopo c’è. E quella presenza del dolore, quando c’è, non riesci neanche più ad immaginarti com’era quando non ce l’avevi. Finchè non ti passa. E’ come se Dio, per un po’, decidesse di tenerti stretta una mano.

Non è che devi svegliarti di notte per scrivere. Non lo fai contro qualcuno. Lo fai e basta. Perché se non le scrivi di notte, certe cose, di giorno niente.

Cerco in te una nobiltà che mi risarcisca del fatto che quando dormi non solo russi, ma fai dei rumori con la bocca che sembri l’esorcista. Allora mi dico – pensa al suo lato nobile, da sveglio, ci penso ci penso e non mi viene niente, poi ti scrollo, ti sveglio, tu apri gli occhi, mi sorridi, non ti arrabbi mai quando ti sveglio, sei un angelo.


Non è che non voglia lavorare in generale, dico solo, vorrei un lavoro che non c’entri con i soldi tutto qua.

A volte faccio una prova. Dico: farò così. E dico la cosa peggiore del mondo. Se vedo che nessuno si scompone allora cerco di abituarmi all’idea che quella cosa è una cosa accettabile. In pratica su quasi tutto faccio così, per non offendermi di esistere.

Tuo figlio non sarà mica di quelli che guarda la televisione mangiando. Sarà un bambino di quelli che la televisione la vede solo a certe ore, ben codificate, un bambino che legge, che dipinge, un bambino molto libero dagli schemi, eccetera. Cazzate.

Mi sa che la vita è troppo dura per me. io ero fatta per avere molta fiducia ma per poco tempo. Non sono una fondista.
e così ora sono senza fiato e manca ancora troppa strada.
a volte penso che se la selezione naturale non fosse edulcorata dalla tecnologia, io sarei già spiaggiata. come balena, intendo. è una metafora.
vorrei un deus ex machina.
in forma di uomo.
in forma di qualcuno che mi prenda per mano e mi porti fuori e mi dica vedi
credevi fosse buio solo perché eri dentro ma fuori
fuori c'è sempre stato il sole.


I giorni che non ti reggo sono quelli che ti guardo la cenere sulla sigaretta e prego che non ti cada per non farmi traboccare il vaso, ma ti amo, anche se sono ruvida. Sono ruvida ma non ti caccio mai dal cuore.

Se sai chiedere aiuto sei a metà dell’opera, se sai il come qualcuno che ti aiuta lo trovi. Ma certe volte l’aiuto consiste proprio nel sapere che aiuto ti serve, e lì il difficile.

T sta sul treno per milano, legge un libro sull’anoressia per capire perché la sua ultima storia d’amore non ha funzionato. A milano va a trovare un amico e una vecchia fiamma, magari si vede una mostra, dice, e poi torna a casa.

Se avessi il coraggio non starei sempre ad espiare, a farmi il culo per cose di cui non mi importa niente, se avessi il coraggio non mi farei il culo, farei grandi cose e diventerei famosa e di successo, tutti parlerebbero di me e mi intitolerebbero anche una via. Prima o poi.

Quando penso Sono qui e scrivo, e ci sono due possibilità. La prima è che tra dieci anni qualcuno dica di me tutte le mie fatiche in funzione del successo, la seconda e che quelli che mi conoscono dicano Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.


Quand’è che passiamo una giornata intera a letto, non ci alziamo, facciamo l’amore tutto il giorno e ridacchiamo e oziamo fino al giorno dopo? Tu con le tue cuffiette per montare i video, comprate dai cinesi a sei euro.

Maldischiena. Malditesta. Tosse bronchiale. Sonnolenza. Soprappeso. Irritabilità. Controindicazioni alla vita che conduciamo.

Se fosse dipeso da me, l’evoluzione del mondo le scoperte, io magari sarei arrivata alla ruota, ma una lampadina, diciamo, o una cosa come un motore a scoppio, non ci sarei mai arrivata.

Come t’ho fatto ti disfo, diceva sempre la mamma casalinga della mia migliore amica compagna di classe.
Mia madre invece non ha mai detto niente di tutto questo. Perché quella era una minaccia e come psicoanalista sapeva che minacciare i figli è una cosa che non sta bene e fa subito cattivo genitore. mia madre predicando sempre bene ha sempre razzolato nella sua aia come se fosse l’unica abitante dell’aia e come se gli altri fossero solo parte della sua immaginazione. E le immaginazioni, quelle si, nulla vieta di sterminarle.


Sogno che ero con d in un paese piccolo del sud a picco sul mare, eravamo fuggiti lì per qualcosa che non so. In ogni caso quella casa era come un rifugio. Mentre d dormiva nel sogno io esco a fare qualcosa, arriva un vento fortissimo che mi solleva da terra e mi fa volare sul precipizio sul mare. Era una cosa meravigliosa quella di volare, ma ovviamente mi facevo anche la domanda: se il vento finisce?
Allora svolazzavo sempre più in alto su quel mare lontanissimo blu e un po’ minaccioso e un po’ seducente che mi sembrava un sogno. Poi trovavo una rete, una rete che recintava l’aldiqua del burrone dall’aldilà del burrone, e cercavo di aggrapparmi a questa rete per restare aggrappata il più possibile in modo da non essere completamente in balia del vento. Si capisce che non ero scema.
Poi il vento si è placato e io ero come appollaiata sullo strapiombo, alla rete, dalla parte dello strapiombo. Ma non avevo paura di cadere. Avevo solo una lieve preoccupazione perché non sapevo più dove fosse il paese da cui mi ero levata, e non sapevo come si chiamasse, né come avrei fatto a tornarci. Inoltre ero appunto aldilà della rete e non c’era nessuno n giro a cui chiedere.
Per fortuna sento una voce dalla finestra di un altro pesino, quello in cui ero finita, ed era una donna anziana, molto gentile, per nulla stupita che mi dice : signò siete volata per via del vento?
E io Si.
Eh, mi dice, da queste parti bisogna stare attenti.
E poi mi dice se voglio che mi venga a prendere che c’è un cancelletto che dà sulla strada e se voglio me lo mostra e mi accompagna dove voglio.
Io dico si.
Lei mi accompagna alla casetta dove c’è d. che dorme e io penso qualcosa che non mi ricordo.




Due ferite che si riaprono ogni mattino, alle sei, sei e mezzo, i miei occhi non si rimarginano mai.

Quasi ogni notte sogno B, sogno che facciamo delle conversazioni quotidiane, niente di eccezionale. Nei sogni io e B conduciamo una di quelle vite del tutto normali mentre nella realtà non è affatto così, ci vediamo raramente e quasi sempre facciamo sesso.

Ieri hai notato che i bambini non hanno il bianco degli occhi, la pupilla riempie tutto l’occhio. La faccia cresce, l’occhio resta uguale, l’iride si perde nel bianco dell’occhio.

Portarsi dietro la macchina fotografica sempre. Tutte le volte che la dimentico a casa vedo qualcosa che mi dispiace non averla portata. Resto lì a guardare, a dire, peccato, e adesso? Come faccio a mettermi in tasca una visione?

Certi libri, dopo tanto tempo, ti fanno venir di nuovo la voglia leggere che è quando ci pensi sempre che vorresti avere il tempo per continuare la storia, che sei più nella storia del libro che nella tua, e gli altri, quelli che vivono fuori, ti fanno pena perché sono solo reali, e non sanno cosa si perdono, mentre tu no, sei salva perché hai il libro. Finchè non è finito.

Le donne in piscina sono normali, ma sono belle. Anche se non sono perfette sotto la doccia mi sembrano proprio delle bellezze femminili, con tutte quelle tette che poi sono una diversa dall’altra e anche i culi . Invece quelle della palestra sono orrende, con quei tutini muscolari e le fasce per capelli sembrano bambine vecchie. L’unica possibilità per una da palestra di diventare bella e di andarsene da li, farla finita con tutte quelle flessioni davanti allo specchio e quei discorsi del cazzo sulla dieta a zona e la televisione davanti al nastro e niente. Spogliarsi di tutto e tornare in piscina.


Io se penso chi sono mi vengono in mente tante di quelle cose e non so decidere, poi mi viene un senso di caos che non ci capisco più niente. Allora ricomincio e cerco di dividere le cose in tre piste. Faccio finta di avere tre vite normali in una. E così va meglio. A volte.

Quando non ci penso per tanto tempo all’improvviso mi torna in mente che abbiamo litigato per qualcosa, che non ci parliamo più da più di un anno e non mi ricordo più il perché. E poi mi tornano in mente delle cose di quando eravamo ancora amici e ci comportavamo proprio come se non potessimo neanche lontanamente immaginare che un giorno sarebbe finita così a non parlarsi più e non fare una grinza. Una volta passando di fianco a un falò, in veneto, faceva freddo e mi spiegavi qualcosa sulle categorie di Aristotele e io ho pensato che tu fossi un genio, mentre guardavo il fuoco del falò passandoci vicino. Mi piaceva non sapere le cose che tu sapevi per farmele spiegare da te e avere quella sensazione bellissima che tu fossi veramente esperto.


sabato 26 maggio 2012

ieri

Ieri ho visto la tua amica
al tavolino ma
sono rimasta sul mio caffè
per non avvicinarti troppo.
Sono tornata nell'angolo
dietro lo sportello della caldaia
insieme alle scarpe e al van gogh azzurro
i colori cinesi senza tappo
e i tuoi pennelli secchi con le setole aperte
che non ci sono più.









domenica 20 maggio 2012

ecco un discorso sul dare e sul prendere

Ecco un discorso sul dare e prendere
sul passare senza lasciare il segno
o bucare per forza, tracciare nel male
o nel bene, il proprio solco
per dire - vedi, di qua sono passati
per dire - ce l'abbiamo fatta ad uscirne
senza pensare poi, senza curarsi
del passo, di dove passi quel passo.

Così le cose si stancano poi
una sull'altra si stancano
perdono riposo, respiro
e sul più bello
non vola più niente.

Poi tutto cade, recupera dolore
come una spugna
come un dio bambino
che succhia dalla sua cannuccia
tutto il creato.

Prendi il tempo, lo sposti di una misura
lo pieghi,
lo strini
per vedere se succede qualcosa
ma il risultato è lo stesso sempre:
tempo piegato.

Avessi le tue mani vere,
avessi le tue mani più forti e sane
le usassi per sfiorare,
per conoscere da cieco ciò che non si vede
vedresti fino in fondo
il dono che ricevi.

Non ho parole che curano
io canto solo per tenerti il buio in bilico.

mercoledì 16 maggio 2012

stanno

tutte appannate
sul bordo del fiume
affaticate dallo scorrere
(parole dette strette
per andar via)
stanno le più curiose cose
della vita.

giovedì 10 maggio 2012

quasi niente

pensavo alla giustizia
ora non ci penso più.
faccio un brodino piuttosto
con il brodo del pollo
che ho mangiato ieri
o l'altro. Non ricordo.
Qualcuno parlava per strada
con una ciliegia tra le dita.
La ciliegia aveva acceso
il tempo che se n'era andato da solo
nella ciliegia,
come una polvere che si soffiava
in su
si era risvegliato.
Ad un certo punto era accaduto
in quella mano.
Ad un certo punto non si poteva parlare d'altro che di questo
quasi niente.

martedì 8 maggio 2012

aberration (def)


Déviation, écart par rapport à la norme attendue.

Déviation apparente de la lumière 

Anomalie, déviation hors de l'état normal, égarement des sens, troubles du cerveau 
ce sont les déplacements apparents des planètes sur la sphère céleste, 
ldes étoiles fixes, la parallaxe de ces mêmes étoiles.
On arrive à corriger approximativement tout.
On croit voir des spectres, des fantômes
On pourrait le calculer, le déterminisme encore inexpliqué.
Déviation du jugement par rapport au bon sens ou à des habitudes de pensée ou de sentiment prises comme norme; 
erreur
absurdité,
folie 
Son cerveau, les idées qui le traversaient. 
Toutes tordues. 

senza pace

Comprate al mercatino
le sei fotografie 
del mare con  bambini
qualcuno doveva farlo
tenerle insieme, 
ereditarne il ricordo

non mi sono chiesta niente.

In un prato con un muro intorno
c'erano le ossa di un cimitero ebraico (dismesso?)
ci andavo a fotografare le colonizzazioni dei marmi 
ad opera dei licheni 
sulle lapidi a pezzi accatastate (manufatti marmorei)
Se spostavi la terra con un piede
uscivano subito.
I piccoli pezzi li ho raccolti, messi in tasca,
se mai avessero fatto qualcosa 
un parco
un parcheggio

quel che dispone la Giunta Comunale.


Se la nostra salita finisse
quando ti voltasti per farmi guardare 
due bunker tedeschi 
come una guida turistica generosa,
prima che sedessi davanti all'acqua
prima dell'attesa di essere abbeverata
sotto vento
mani strette ai sassi.












lunedì 7 maggio 2012

provoquer - to tempt fate/providence


1. [défier]
arrête de me provoquer!
c'est lui qui m'a provoqué!
provoquer le destin
tempt fate/providence
1. to do something which involves a risk and may cause something unpleasant to happen I always feel it's tempting fate to leave the house without an umbrella
provoquer quelqu'un en duel
2. [sexuellement]
3. [occasionner - maladie, sommeil]
pouvant provoquer la mort
[sentiment]
il ne se doutait pas qu'il allait provoquer sa jalousie
4. médecine
provoquer l'accouchement
 



 










































sabato 5 maggio 2012

TO FALL IN LOVE (def)








The English expression
makes love sound like 
a hole in the ground
that people can
fall
into or out of.







 .

giovedì 3 maggio 2012

EFFACER (def)



Faire disparaître quelque chose en frottant,
en grattant,
en essuyant,
en diluant
ou avec un produit,
un système spécial.

Faire disparaître ce qui est inscrit sur une surface.

Supprimer quelque chose

le faire disparaître ;

rayer, abolir
quelqu'un
quelque chose.

Effacer un souvenir de sa mémoire.

mercoledì 2 maggio 2012

oblomov - segreteria telefonica, stolz

ancora fermo?
muoviti. devi muoverti. apri la finestra
respira più profondamente.
 imparara a respirare 
è la disciplina
che passa da lì.
tu respiri male. sei molle.
il tuo respiro è molle.
ti marciranno i denti a furia di startene lì.
 
non ti ho detto che una volta
ho trattenuto il fiato per sei minuti?

sai quante volte ho rischiato la vita per libera scelta?
e tu?

esci.

quanto pesi?

non ti fai schifo?


stolz

oblomov- olga telefono 1

so benissimo che ci sei.

non voglio dirti ancora quanto  il tuo pensiero sia sbagliato. 
eppure sarebbe così facile mettere le cose a posto se solo tu volessi.
non voglio forzarti a farlo. è una cosa che deve venire da te, 
lo dicono tutti.
se tu potessi vedere le cose come le vedo io, dal mio punto di vista, 
capiresti subito benissimo che la tua posizione è insostenibile. 
non lo dico solo io.
lo dicono tutti.
non lo dicono solo tutti, è così.
non ti viene mai il dubbio di essere solo al mondo?
io non vorrei mai essere al tuo posto in quella solitudine
mi darebbe un grande senso di vuoto.
ma per te immagino sia impossibile capirmi, 
non capisci quasi niente di quello che ti dico.
non ti pice il canto, non ti piace la letteratura, cosa ti piace allora?
e di me?
secondo te è normale non fare mai niente di quello che è normale?
perché non vuoi essere un po' normale amore mio.
io ti vorrei bene
potremmo andarcene in giro insieme e tutti direbbero che tra noi le cose vanno bene.
se solo tu ti decidessi.
è impossibile che tu non possa farlo, hai un animo troppo sensibile.
la gente mi chiede perché
perché ti amo?
non so rispodere a questa domanda.
però se ci penso ti amo.
sei così strano. 
tu mi ricordi un criceto.
vabbé.
io aspetto ancora qualche giorno
prima di cancellare definitivamente il tuo numero di telefono.
un bacio.
piccolo.
olga.


avremo mai dei figli?


potrei morire per te
sono così giovane.
non piangeresti?

vabbé.

martedì 1 maggio 2012

con dietro cieli

Avevi anche ragione in moto
lungo la spiaggia 
affamato adulto
di qualcosa da ricordare
con dietro cieli 
e mare
avevi ragione a non disperare
che si doveva imprimere per forza
un segno alla memoria
vitaminizzare.
La tua fiducia nell'effetto del comprare
del piegarsi avanti dei pantaloni griffati 
la grazia delle tue gambe negli occhi
a farti da specchio semplice.
Restavo ancora muta sul letto  
a prendere penombra.
Era la bellezza alla fine.

Avevi ragione tu 
in certe salite trovi un moto
nella respirazione. Programmavi 
per me Qui, dicevi sulla cartina
dove mettevi il dito.

Domani non aveva quasi senso
non avevo mai avuto radici
cercavo solo il mio disegno sul muro
uno strappo
o  restare.

Cercavo.





uccellini del muro


come le vacanze in tenda

tutte le volte che vado a pranzo a casa di mia madre per una ragione o per l'altra succede qualcosa che mi fa ricordare come le vacanze in tenda che l'ultima volta che c'ero andata mi ero ripromessa di non tornarci più, che mi ero detta proprio, anche se dovesse capitare l'occasione, che a pensarci è una cosa perfetta, a pensarci è perfetta ed è anche bella, poi di sicuro, stai pur certa che quando ti siedi ti torna in mente il perché. e infatti. perché sono quelle cose belle come le vacanze in tenda, che sono appunto belle da pensare, da dire che è bello è anche una cosa bella, a pensarci,non c'è niente di male, che si sta tutti insieme là attorno e teoricamente è bello. tutto. cose che uniscono e tengono insieme le famiglie. cose che uniscono e tengono insieme. che se uno avesse un po' di cervello te lo ricorderesti che ad un certo punto ti succede, comunque non dopo molto ma quasi subito comincia a scattare, quella molla che scatta come le vacanze in tenda, un tarlo, giù, altro che pranzo e ti ricordi. ma ormai è tardi. me lo devo tenere a mente per la prossima volta. qualcosa da mettermi intorno al dito per dire no. che a volte sta tutto nel no, lo sforzo del dito. e la sua bellezza. non importa se poi non c'è più tempo, se in futuro non ci sarà più tempo. le cose tante volte si fanno solo perché poi non ci sarà più tempo. forse ci sarà tempo. forse non ci sarà. ma è per preservarle che dovresti ricordartela la bellezza del dito del no. il tempo non deve importare. forse ci sarà tempo e sarà più giusto. il tempo non deve importare. deve importare stare bene e respirare bene e non sentire che i no diventano sì per forza, a forza di dimenarsi sul sì con accanimento. perché si scambia la bontà del sì con la bontà del vederselo proferire con animo generoso, puro e privo di allergie e ferite? perché? quando questo sì non esiste da nessuna parte o forse da qualche altra parte. è un problema di collocazione: non c'è nessun sì del dentro che corrisponda al sì del fuori. se non, forse, dopo. o nel dito. appunto.come le vacanze in tenda.