Entro nel bar e chiedo un cappuccino. Il barista è distratto, prende il bricco con il latte, immerge la punta della lancia vapore sulla superficie del latte e aziona il getto di vapore: la schiuma si alza e il volume del latte cresce. Il latte cresce ma lui non abbassa il bricco, il suo braccio si è come bloccato e lui non guarda il bricco e non si cura minimamente del braccio paralitico. l'uomo è da un'altra parte,lo sguardo senza un fuoco, senza precisione, è altrove, in un altrove che non si capisce dove sia. Se anche solo per un attimo si voltasse e mi vedesse, gli direi: ehi, barista, vacci piano col mio cappucciono, la schiuma sta colando! la mia schiuma!. Ma non succede niente. La lancia, sempre immersa nel latte, comincia a scaldare troppo, il latte crea un effetto vortice e mentre lui è ancora a suo modo distratto, il vapore ha un orgasmo col latte e la schiuma comincia a debordare.Continuo ad assistere ma la faccenda ormai non mi riguardapiù è un fatto privato loro, tra il barista e la sua mano, tra la sua tazza e la sua schiuma e il suo latte.
Ormai non mi viene più da dire niente, anche se mi guardasse resterei muta o al limite, sorriderei. Lui, il barista del grande bar del centro, (bar storico, dove il cappuccino te lo fanno pagare intorno ai due euro), dal canto suo, non si preoccupa.
Ora la schiuma è in gran parte colata giù, a terra dietro il bancone,lui versa parte del latte sobbollito, con la poca schiuma rimasta, nella tazza da cappuccino presa dalla macchina per i caffè. Versa il tutto con gesto assente, facendo percolare parte della schiuma lungo il bordo della tazza. Una merda. Con una spugna giallina per pulire il bancone, mi netta il bordo della tazza, l'assetta sul piattino e a questo punto, con sguardo spazientito si guarda intorno, per vedere a chi sia destinata la sbobba mattutina. Come un cane ossequioso mi agito leggermente per far capire, che quella cosa che lui ha nella mano sono io, è destinata a me, sono io che l'aspetto. E finalmente faccio colazione.
Ormai non mi viene più da dire niente, anche se mi guardasse resterei muta o al limite, sorriderei. Lui, il barista del grande bar del centro, (bar storico, dove il cappuccino te lo fanno pagare intorno ai due euro), dal canto suo, non si preoccupa.
Ora la schiuma è in gran parte colata giù, a terra dietro il bancone,lui versa parte del latte sobbollito, con la poca schiuma rimasta, nella tazza da cappuccino presa dalla macchina per i caffè. Versa il tutto con gesto assente, facendo percolare parte della schiuma lungo il bordo della tazza. Una merda. Con una spugna giallina per pulire il bancone, mi netta il bordo della tazza, l'assetta sul piattino e a questo punto, con sguardo spazientito si guarda intorno, per vedere a chi sia destinata la sbobba mattutina. Come un cane ossequioso mi agito leggermente per far capire, che quella cosa che lui ha nella mano sono io, è destinata a me, sono io che l'aspetto. E finalmente faccio colazione.