martedì 2 ottobre 2012

Fermarmi qui




Oggi tocca tornare là. Tocca tornare là per forza.
Il paradosso della prevenzione. Qualunque cosa le succeda - diceva uno di questi da cui sono andata all'inizio, quando la paura non mi faceva stare ferma - qualunque cosa le succeda, lei cade in piedi.
Controlli semestrali. Qualunque cosa accada in sei mesi, non puo' essere irrimediabile, intendeva. Allora questo mi aveva fatto pensare alla situazione attuale della meccanica quantistica di Schrödinger, dove c'è il gatto che non si sa se è vivo o morto finché non lo guardi.
Non so cosa c'entrasse davvero la faccenda del gatto, né perché mi sentissi quel gatto. Mi sentivo così e basta.
Questo fatto che il tuo stato dipenda dall'osservazione, forse.
Il fatto che uno ti dica che se ti guarda ogni sei mesi cadi in piedi.
Non mi ha messo di buon umore.
No.
Niente buon umore. Dottore.
Cado in piedi, ma cado.
Comincio a cadere e non finisce mai.
Se uno pensa alla propria condizione di mortale, se ci pensa davvero, non può sopravvivere al senso di vertigine. Che non è neanche proprio una vertigine, è più come la sensazione della caduta libera.
una caduta libera in giù nel tempo. Alla fine del tempo di quella caduta, non ci sei più.
In mezzo naturalmente ci sono molte altre cose, che per fortuna ti distraggono da quella consapevolezza. Ti fanno guardare le cose in un modo meno panico, ti distraggono, ti costringono a credere che per un po' le cose resteranno più o meno come sono o, addirittura, che possano migliorare notevolmente.
Come ad esempio quando sei innamorato, o stai leggendo un libro bellissimo e ci sei dentro e sai che finché il libro non sarà finito tu avrai un'aspettativa di felicità.
L'aspettativa di felicità te la danno anche altre cose, molte altre cose, ciascuno ha le sue.


Magari  muori per un'altra cosa. Una cosa magari vicinissima alla quale nessuno aveva pensato.
e allora?  Non voglio dire male dei dottori. Dico male di me quando sono nelle loro mani e sotto ai loro occhi. Odio quel momento prima che dicano qualcosa, che potrebbero dire tutto. Potrebbe crollare tutto. Potrebbe.
Odio che la mia vita in quei momenti, le mie cose più intime che loro non immaginano neanche, possa venire  distrutta da una loro parola di tipo tecnico.
All'inizio è stato così, è stata una specie di distrazione. Io mi facevo i fatti miei. Stavo bene. Avevo tante cose buone. Ero andata ad Amsterdam a leggere le poesie. Non mi preoccupavo certo per la mia vita. E siccome ero distratta non mi aspettavo che quello potesse fare quello che ha fatto: chiedermi di sedermi, chiedermi di dirgli quanto anni avevo.
Quanto anni ho? che vuole? Io devo andare perché c'è il mio fidanzato che mi aspetta, fuori, non trova parcheggio capisce e ce ne dobbiamo andare abbastanza alla svelta perché si mette tardi, abbiamo un appuntamento, perché al semaforo di Corso Vittorio abbiamo incontrato Pola, una mia amica, una mia amica, che attraversava la strada ma non potevamo fermarci perché lei era un pedone, noi eravamo una macchna, e quando per lei è scattato il verde per noi era un rosso, allora le abbiamo detto che andavamo un attimo all'ospedale ma che poi tornavamo e magari ci vedevamo. Un appuntamento importante, cioè abbastanza importante. E poi dovremmo andare al club. Il club è  un club abbastanza esclusivo come potrà capire. L'abbiamo trovato per caso e ci piace molto perché sembra un posto inglese per tennisti di razza bianca. Noi entriamo nel nostro club, io ordino un quartino di vino bianco frizzante, D ordina un negroni e poi parliamo. Del più e del meno. A volte anche tutto il pomeriggio fino a sera. Capisce che non c'entra niente? Ho avuto molto piacere a stare con lei qui, nella sua stanzetta tutta bianca, con lei tutto bianco, la sua cameriera tutta bianca, ma adesso mi avete un po' rotto i coglioni se non vi dispiace, come può notare stavo leggendo un libro di là in sala d'attesa e gradirei continuare a farlo. lei legge?  Come le ho detto, purtroppo devo andare, per via del parcheggio, che D mi aspettava in macchina perché qua non si trova un parcheggio e del club, del fatto che non si può stare semrpe fermi in un posto quando la vita scorre in un altro.
lei capisce.
si sieda.
lei non capisce
si sieda
lei, non capisce.
Io non capisco.
Lei ha un cancro.
Io? ma si figuri, come le ho appena spiegato io ho anche altro che mi aspetta. Fuori. In macchina.
Per questo io non posso fermarmi qui ad ascoltare quello che lei ha da dirmi sul cancro. sarebbe una cosa che richiede tempo, una cosa che al momento non ho.
Non ho tempo e non ho spazio. Ho anche un figlio.

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